Cassazione penale Sez. II sentenza n. 1246 del 6 giugno 1997

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini del computo dei termini di durata massima della custodia cautelare nella fase delle indagini preliminari, allorquando il pubblico ministero, nell'esercitare l'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio, muta l'originaria contestazione posta a base della misura cautelare in corso di applicazione, eliminando una o più imputazioni o modificando il titolo o i titoli di reato, la primitiva imputazione, necessariamente fluida in relazione allo sviluppo delle indagini, perde qualsiasi rilevanza giuridico-processuale ed al suo posto subentra quella che, delineando definitivamente l'accusa, rappresenta il thema decidendum del processo da sottoporre al giudice; è solo di questa, pertanto, nel momento in cui interviene, che si deve tenere conto ai fini della custodia cautelare e del calcolo dei relativi termini. (In applicazione di tale principio la Corte, rilevato che il pubblico ministero aveva richiesto il rinvio a giudizio dell'imputato per il solo delitto di associazione per delinquere, per il quale il termine massimo di custodia per la fase delle indagini è di tre mesi, con esclusione di quegli altri reati per i quali pure era stata disposta la misura coercitiva — violenza carnale, sequestro di persona, sfruttamento della prostituzione — per i quali invece detto termine è di sei mesi, ha ritenuto che all'atto della presentazione della richiesta medesima, essendo scaduto il termine di tre mesi, l'imputato avrebbe dovuto essere scarcerato).

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