Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1789 del 5 febbraio 1991

(1 massima)

(massima n. 1)

In virtù del quarto comma dell'art. 300 del nuovo c.p.p., quando è pronunciata sentenza di condanna (qualifica che indubbiamente deve riconoscersi alla sentenza di cui al secondo comma dell'art. 444 di detto codice), ancorché sottoposta ad impugnazione, la custodia cautelare perde efficacia quando la durata della custodia già subita non è inferiore all'entità della pena irrogata. Ne deriva che la pronuncia di una sentenza di condanna inappellabile (quale quella di applicazione della pena su richiesta delle parti, nel caso in cui il P.M. sia stato consenziente, giusto i disposto dell'art. 448, comma secondo, nuovo c.p.p.) non impedisce la presa in considerazione, sotto il profilo della ammissibilità della richiesta di rimessione in libertà dell'imputato, la quale va però rigettata ogni qual volta la custodia già subita dall'imputato, per quel determinato fatto, al momento della pronuncia della sentenza di condanna, è inferiore alla entità della pena irrogata; perché la misura, in tali limiti (quantitativo-temporali), conserva piena efficacia e non soggiace all'automatismo del fenomeno estintivo recepito nell'art. 300 citato.

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