Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2556 del 18 giugno 1994

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della decorrenza del termine per proporre istanza di riesame dell'ordinanza applicativa di misura coercitiva la conoscenza della medesima comunque acquisita dal difensore non può ritenersi equipollente all'avviso di deposito del provvedimento: ciò in quanto la fissazione da parte del legislatore di un preciso dies a quo, in tema di termini processuali, soddisfa l'esigenza di garantire la necessaria certezza ed inconfutabilità degli atti da compiere e di scandire indefettibilmente l'iter procedimentale mentre l'omissione, in tale materia, di un generale principio di equipollenza introdurrebbe elementi di grave perturbamento ed indeterminatezza; d'altro canto l'art. 293, comma 1, c.p.p. prevede che, solo in caso di indagato già detenuto, l'ufficiale o l'agente incaricato dell'esecuzione dell'ordinanza custodiale ne informi il difensore il quale dunque già in tal via viene ordinariamente posto a conoscenza dell'esistenza del provvedimento, di cui il successivo comma 3 prescrive ugualmente il deposito in cancelleria con avviso al difensore: detto assetto normativo depone, dunque, in senso contrario all'ammissibilità di atti o fatti equipollenti al previsto formale avviso di deposito, dovendo, altrimenti, riconoscersi efficacia ad esso equipollente già alla succitata informazione con la conseguenza di rendere privo di pratico significato l'avviso successivamente notificato. (Affermando tale principio la Cassazione ha annullato senza rinvio l'ordinanza del tribunale che aveva dichiarato inammissibile l'istanza di riesame avverso un'ordinanza di custodia cautelare ritenendo decorso il termine per la proposizione della stessa a partire dalla data dell'interrogatorio dell'indagato, cui il difensore aveva presenziato acquisendo conoscenza dell'ordinanza suddetta).

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