Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 976 del 2 maggio 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

Il disposto di cui all'art. 293, comma 3, c.p.p., nella parte in cui, a seguito dell'innovazione introdotta dall'art. 10 della legge 8 agosto 1995, n. 332, prevede che nella cancelleria del giudice che ha emesso l'ordinanza applicativa di misura cautelare, dopo la notificazione o esecuzione di quest'ultima, siano depositati anche gli atti a suo tempo presentati con la richiesta di emissione di detta ordinanza, deve trovare applicazione, per identità di “ratio”, anche con riguardo al parere del pubblico ministero ed agli atti ad esso eventualmente allegati qualora il giudice, in adesione al detto parere, abbia respinto una richiesta di revoca o modifica della misura cautelare avanzata dall'imputato ai sensi dell'art. 299 c.p.p.; ciò onde consentire allo stesso imputato di valutare appieno l'opportunità di impugnare il provvedimento. (Nello specie, sulla base di tali principi, la S.C. ha annullato un'ordinanza del tribunale che, decidendo su appello proposto ai sensi dell'art. 310 c.p.p. avverso provvedimento reiettivo della richiesta di revoca di una misura cautelare, aveva ritenuto infondata l'eccezione di nullità proposta dalla difesa per mancato deposito, insieme al detto provvedimento, degli atti prodotti dal pubblico ministero a sostegno del parere contrario da lui espresso).

(massima n. 2)

Il giudice delle indagini preliminari che respinge la richiesta di revoca di una misura cautelare ha l'obbligo di depositare, unitamente al provvedimento, gli atti prodotti dal pubblico ministero al momento della formulazione del parere contrario all'accoglimento della richiesta. Tale obbligo deriva dalla analogia tra la situazione che si determina con il rigetto della richiesta di revoca e la previsione del terzo comma dell'art. 293 c.p.p., che impone, con l'emissione della misura, il deposito degli atti posti dal pubblico ministero a base della propria richiesta

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