Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 16 del 19 giugno 1996

(4 massime)

(massima n. 1)

Ai sensi della normativa contenuta nel D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 502 (come modificato dal D.L.vo 7 dicembre 1993, n. 517), recante disposizioni di riordino della disciplina in materia sanitaria, ed in particolare con riferimento alle attribuzioni conferitegli dall'art. 3 del medesimo decreto, il direttore generale dell'Unità sanitaria locale è investito di tutti i poteri di gestione e di controllo ed è pertanto costituito garante della complessiva correttezza dell'azione amministrativa riferibile all'ente che dirige, sicché, ove abbia notizia che nello svolgimento di questa siano compiute attività illecite, incombe su di lui il dovere di inibirle ed impedire la commissione di reati, dei quali, nell'ipotesi di omesso esercizio dei poteri di accertamento e sanzione spettantigli, è chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 40, secondo comma, c.p.

(massima n. 2)

Al giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare ai sensi dell'art. 292 c.p.p., ed al tribunale, in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., è consentito modificare la qualificazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto per cui si procede. (Nell'occasione la Corte, premesso che, in applicazione del principio di legalità, al giudice è consentito sempre - e quindi anche nell'udienza preliminare - attribuire la corretta qualificazione giuridica al fatto descritto nell'imputazione, senza che ciò incida sull'autonomo potere di iniziativa del pubblico ministero, che rileva esclusivamente sotto il diverso profilo dell'immutabilità della formulazione del fatto inteso come accadimento materiale, ha altresì precisato come la predetta facoltà spetti al tribunale anche in sede di riesame o di appello avverso le misure cautelari adottate, successivamente al rinvio a giudizio, dagli organi competenti a provvedere de libertate ai sensi degli artt. 279 c.p.p. e 91 att. c.p.p., fermo restando che pure in tali ipotesi l'eventuale correzione del nomen iuris non può avere effetti oltre il procedimento incidentale).

(massima n. 3)

Con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione.

(massima n. 4)

I rimedi del riesame e dell'appello dinanzi al «tribunale della libertà» sono esperibili contro tutti i provvedimenti cautelari comunque adottati da qualsiasi giudice, sia nella fase delle indagini preliminari, sia in quelle successive.

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