Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4374 del 11 dicembre 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

In presenza di un'infermità di mente che escluda o riduca grandemente la capacità di intendere e di volere dell'imputato sottoposto o da sottoporre a custodia cautelare, il giudice non è necessariamente tenuto a disporre la custodia in luogo di cura esterno, ai sensi dell'art. 286 c.p.p., ma può invece anche disporre, ai sensi dell'art. 98, quinto comma, D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431 (regolamento di esecuzione della L. 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privatistiche e limitative della libertà), l'assegnazione dell'imputato ad un istituto o sezione speciale per infermi o minorati psichici.

(massima n. 2)

La custodia cautelare in luogo di cura, prevista dall'art. 286 c.p.p., non è misura cautelare diversa dalla custodia in carcere, di cui al precedente art. 285, dovendosi invece ritenere che trattasi, nell'uno e nell'altro caso, di unica misura attuata con diverse modalità; ragion per cui, quando il giudice ritenga che siano venute meno le ragioni giustificatrici della custodia in luogo di cura, può disporre la custodia in carcere senza necessità di apposita richiesta del pubblico ministero, formulata ai sensi dell'art. 291, primo comma, c.p.p.

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