Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4063 del 4 dicembre 1991

(1 massima)

(massima n. 1)

La norma di cui all'art. 127 c.p.p. regola in via generale, e quindi, salvo le specifiche eccezioni, tutti i procedimenti in camera di consiglio non afferenti alla fase esecutiva. Se, pertanto, è detenuto colui che si trova nello stato di custodia cautelare in carcere e se l'art. 284, quinto comma, c.p.p. considera, a tutti gli effetti, gli arresti domiciliari come custodia cautelare in carcere, ove si tenga conto che ai fini di sollecitudine, sicurezza ed economia anche processuale può delegarsi il magistrato di sorveglianza perché senta il detenuto o l'internato che si trovi in luogo diverso da quello ove trovasi il giudice che procede, deve ritenersi che la delega a tale giudice può essere conferita pure nel caso in cui l'imputato trovasi nello stato degli arresti domiciliari e debba essere sentito per un procedimento in camera di consiglio che si svolge in altro luogo. (Fattispecie in cui è stato ritenuto illegittimo il rifiuto opposto dal magistrato di sorveglianza il quale aveva addotto la propria incompetenza a sentire l'imputato sul rilievo che costui si trovava agli arresti domiciliari e che la dizione «detenuti od internati» usata nell'art. 127 c.p.p. a proposito dei procedimenti in camera di consiglio in cui l'interessato manifesta l'intenzione di essere sentito dovrebbe essere riferita solo a chi versa in stato di custodia cautelare in senso stretto).

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