Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2736 del 4 settembre 1996

(1 massima)

(massima n. 1)

La misura coercitiva del divieto di espatrio (art. 281 c.p.p.) può essere applicata, nelle ipotesi in cui si procede per uno dei delitti previsti dall'art. 280 c.p.p., quando — come si evince, nel silenzio della norma, dalla ratio che la ispira — si palesi sussistente il pericolo di fuga, il quale deve ritenersi idoneo a fondare il provvedimento coercitivo qualora, dall'esame di elementi e fatti obiettivi, della valutazione della personalità dell'imputato anche in riferimento ai riflessi che detti elementi e fatti possono avere sulla condotta post delictum, nonché dalla natura degli addebiti e dall'entità della pena già comminata nel giudizio di cognizione in itinere, sia ravvisabile la ragionevole probabilità che l'inquisito, ove non si intervenisse, farebbe perdere all'estero le proprie tracce. (Nell'affermare detto principio la Corte ha altresì precisato che la «ragionevole probabilità» non deve intendersi quale certezza o quasi certezza dell'espatrio, né che essa presupponga un pericolo particolarmente intenso, essendo solo necessario che si correli ad un pericolo di fuga reale, effettivo e non immaginario).

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