Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2749 del 27 luglio 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

L'eventuale scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari produce soltanto gli effetti previsti dall'art. 407 c.p.p. ma non preclude al giudice che procede (art. 279 c.p.p.), vale a dire al giudice che al momento della richiesta del P.M. ha la disponibilità degli atti, di provvedere all'applicazione di misure cautelari.

(massima n. 2)

L'obbligo di motivare il provvedimento impositivo di misura cautelare, posto al giudice dall'art. 292, comma secondo, c.p.p., può ritenersi adempiuto anche quando la previsione sfavorevole all'indagato sia fondata su circostanze che singolarmente considerate appaiono scarsamente significative, ma che valutate globalmente e coordinate razionalmente tra loro assumano una valenza probatoria di grado sufficiente. È tuttavia indispensabile che gli elementi di fatto da cui gli indizi sono desunti, quale che ne sia la natura, risultino legati da un chiaro ed univoco nesso logico se non storico, con lo specifico reato per il quale si procede e con l'autore dello stesso, nel senso che essi devono rivelarsi idonei a dimostrare non solo la probabile natura della condotta criminosa ipotizzata, ma anche la sua riferibilità ad una o più persone determinate.

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