Cassazione penale Sez. I sentenza n. 5220 del 1 febbraio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di misure cautelari, se è vero che, in base al disposto di cui all'art. 275 comma terzo c.p.p., la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine a taluno dei delitti ivi indicati dà luogo alla presunzione che siano anche sussistenti esigenze cautelari tali da imporre in ogni caso la custodia in carcere, è altrettanto vero che detta presunzione può essere superata, come chiaramente si evince dall'ultima parte della disposizione anzidetta, quando siano stati acquisiti elementi atti a dimostrare in positivo l'assenza, nella singola fattispecie, di tutte le esigenze in questione, nessuna esclusa. Ne consegue che quando venga rappresentata al giudice una situazione caratterizzata dall'asserita presenza di elementi del genere anzidetto, il giudice deve prendere questi ultimi in esame e dimostrare, con idonea motivazione, la loro attitudine o meno a determinare il superamento della presunzione. (Nella specie la Corte, alla stregua di tali principi, ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame il quale, in un caso di omicidio volontario, a fronte della rappresentazione di elementi quali la sostanziale ammissione del fatto da parte dell'indagato, la peculiarità degli antecedenti e delle circostanze del fatto stesso, posto in essere per reazione a comportamenti altrui suscettibili di inquadramento, quanto meno, nell'ambito della provocazione, l'età avanzata e l'incensuratezza dell'agente, il risarcimento del danno, si era limitato, nel respingere la richiesta di revoca della custodia in carcere, a richiamare genericamente l'esigenza di salvaguardare i mezzi di prova nella futura fase dibattimentale e ad invocare altri elementi, ritenuti dalla Corte inconferenti ai fini della dimostrazione della esistenza, in concreto, di esigenze cautelari, trascurando, per converso, di prendere in esame gli elementi sopramenzionati, addotti dalla difesa a sostegno del proprio contrario assunto).

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