Cassazione penale Sez. II sentenza n. 4016 del 17 dicembre 1999

(4 massime)

(massima n. 1)

Il sequestro preventivo di documenti di un procedimento amministrativo, disposto al fine di inibire il protrarsi della ipotizzata attività criminosa ed impedire che questa possa portare a conseguenze ulteriori, essendo diretto a sospendere il procedimento stesso, si risolve in una indebita invasione della sfera di attività della pubblica amministrazione. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo di documenti concernenti la procedura del programma integrato di intervento relativo ad un comune).

(massima n. 2)

Il sequestro preventivo non può avere ad oggetto una attività, ma soltanto il risultato di una attività, giacché tale misura cautelare non è destinata a svolgere una atipica funzione inibitoria di comportamenti rilevanti sul piano penale. Alla realizzazione di tale finalità sono infatti predisposti istituti di natura diversa, disciplinati da regole di garanzia funzionali allo scopo perseguito (arresto, fermo, ecc.). (Fattispecie in tema di sequestro preventivo di documenti di un procedimento amministrativo, operato al fine di paralizzarne l'iter e impedire che il reato venisse portato ad ulteriori conseguenze).

(massima n. 3)

In tema di ricorso per saltum, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., avverso provvedimento impositivo di misura cautelare personale, posto che la «violazione di legge» (unico vizio deducibile) può consistere anche nella mancanza della motivazione ed avuto riguardo al fatto che l'inosservanza dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p. è sanzionata da nullità «rilevabile anche d'ufficio», ne consegue che la Corte di cassazione, investita con ricorso per saltum, pur quando il vizio derivante da detta inosservanza non abbia formato oggetto di censura, dovrà rilevarlo d'ufficio, con conseguente annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, non avendo essa il potere (che ha invece il tribunale del riesame) di integrare le carenze del provvedimento impositivo della misura.

(massima n. 4)

In tema di valutazione delle esigenze cautelari ai fini dell'emissione della misura cautelare personale, il giudizio di disvalore della personalità del soggetto, qualora si tratti di incensurato, deve essere il risultato di un vaglio fondato non sulla sola gravità del fatto, ma altresì su comportamenti o atti concreti, al di là e al di fuori del fatto stesso, anche se talora con esso collegabili o da esso desumibili, come nel caso in cui la condotta criminosa sia rivelatrice di collegamenti con la criminalità organizzata o comunque con ambienti delinquenziali, o nell'ipotesi di reiterazione criminosa; tali fatti devono essere comunque sintomatici di uno stile di vita che di per sé impone una prognosi infausta concretante le esigenze di prevenzione.

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