Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 3030 del 26 marzo 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

In base al principio di specialità deve escludersi concorso formale tra il reato di abuso di ufficio di cui all'art. 323 comma 2 c.p.p. e quello di corruzione di cui all'art. 319 c.p.; ciò peraltro non comporta che non possa aversi un concorso materiale tra i predetti: il che si verifica quando sussistano distinte condotte accompagnate dall'elemento psicologico previsto dalle citate norme incriminatrici. (Principio affermato con riguardo a fattispecie nella quale il pubblico ufficiale non si era limitato solo agli atti contrari ai doveri di ufficio, oggetto della corruzione e costituiti dalla redazione di atti pubblici falsi e dalla soppressione di atti pubblici, ma aveva anche ordinato fraudolentemente, ai suoi collaboratori ignari, di redigere siffatti atti così dovendo rispondere del fatto abusivo da questi ultimi posto in essere).

(massima n. 2)

In tema di misure cautelari, l'affermazione della sussistenza di un «concreto pericolo» di reiterazione dei delitti, ai sensi dell'art. 274 lett. c) c.p.p., non richiede l'adozione di particolari formule nè comporta l'esplicita utilizzazione dell'espressione letterale in questione («concreto pericolo»), essendo invece idoneo e sufficiente il richiamo alla sussistenza delle esigenze cautelari, specificamente motivate.

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