Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1470 del 11 maggio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

In materia di misure cautelari coercitive, il requisito della «concretezza», richiamato dall'art. 274, comma primo lett. b), c.p.p. a proposito del pericolo di fuga, non si identifica nella «attualità» di questo — derivante dall'esistenza di occasioni prossime favorevoli alla fuga — ma in fatti e circostanze non meramente congetturali sulla base dei quali debba ragionevolmente temersi che l'indagato si dia alla fuga. In conseguenza, tale pericolo deve essere considerato sussistente tutte le volte che, sulla scorta di elementi oggettivi, desumibili anche dalla natura ed entità degli addebiti, possa ravvisarsi la ragionevole probabilità — quindi non la mera possibilità, né la incertezza — che l'indagato, lasciato libero, faccia perdere le sue tracce. I requisiti della fondatezza e della concretezza non implicano che esso sia particolarmente intenso e, cioè, che sussista un elevato grado di probabilità di fuga, bensì richiedono che lo stesso non sia immaginario e venga dedotto da circostanze che ragionevolmente lo lascino prevedere. (Nella fattispecie in esame il concreto pericolo di fuga era stato desunto dalla circostanza che il ricorrente era indagato per un reato punibile con la pena dell'ergastolo).

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