Cassazione penale Sez. II sentenza n. 26015 del 25 giugno 2001

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, all'eventuale mancata specificazione, nel decreto del P.M. emesso in via di urgenza, della durata delle operazioni a norma dell'art. 267, comma 3, c.p.p., sopperisce l'indicazione legislativa del termine massimo di quindici giorni ivi previsto, sicché non si determina l'inutilizzabilità dei relativi risultati, che l'art. 271 stesso codice ricollega alla violazione dell'art. 267, da ritenere configurabile solo nel caso in cui sia stato superato quel termine massimo.

(massima n. 2)

La giuridica esistenza di un atto giurisdizionale non dipende dalla presenza, sul documento che lo contiene, del sigillo dell'ufficio, ma dalla sua effettiva provenienza dal soggetto legittimato ad adottarlo nel rispetto delle regole che presiedono alla sua regolare emanazione. Ne consegue che l'assenza di timbratura dell'atto, emesso dall'autorità giudiziaria legislativamente qualificata ad assumerlo, non ne inficia la regolarità sostanziale, ma si risolve in una mera irregolarità, priva di conseguenze e sanabile mediante integrazione da parte dell'organo da cui il documento promana. (Fattispecie in tema di decreto di autorizzazione alla proroga delle intercettazioni).

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