Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3209 del 16 settembre 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

La mancanza di una formale dichiarazione di latitanza non è causa di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni autorizzate ed eseguite (nella specie per la cattura di una persona sottrattasi volontariamente all'esecuzione di una grave pena). Ed invero, la norma di cui all'art. 271 c.p.p. prevede che i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni degli artt. 267 e 268, commi primo e terzo, stesso codice, e la mancanza di un formale provvedimento dichiarativo della latitanza non si può far rientrare in nessuna delle predette ipotesi, al più potendo integrare un caso di irregolarità privo di conseguenze sulla validità del decreto di autorizzazione delle intercettazioni e sulla possibilità di utilizzazione dei risultati di esse.

(massima n. 2)

Qualora un ordine di carcerazione non possa essere eseguito per irreperibilità del condannato, non è necessaria una formale dichiarazione di latitanza ai sensi dell'art. 295, comma secondo, c.p.p. Ed invero l'omessa previsione, per il condannato, di una siffatta dichiarazione discende dalla circostanza che la latitanza emerge comunque dal verbale di vane ricerche e si giustifica, rispetto alla situazione di chi si sottrae a una misura cautelare, per il fatto che, in sede di esecuzione di una pena detentiva, le esigenze di garanzia che sono sottese alla predetta dichiarazione non sussistono sono già altrimenti soddisfatte. (Nella specie, relativa all'autorizzazione di intercettazioni telefoniche ritenute utili per la cattura di un pericoloso latitante, la S.C. ha osservato, inoltre, che il provvedimento autorizzativo assume, sia pure con valutazione implicita, l'effetto di attribuire al soggetto ricercato lo status di latitante).

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