Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5655 del 13 giugno 1997

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di intercettazioni telefoniche, la durata delle operazioni di intercettazione, entro i limiti previsti dalla legge, č rimessa esclusivamente al pubblico ministero, come espressamente previsto dall'art. 267, comma terzo, c.p.p., secondo cui il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalitā e la durata delle operazioni. Al giudice per le indagini preliminari non compete invece determinare nel provvedimento autorizzativo tale durata, fatta eccezione del caso di proroga del termine di durata, in relazione al quale il legislatore ha ragionevolmente devoluto al giudice la valutazione della necessitā di comprimere, oltre il termine ordinario, la sfera di riservatezza delle comunicazioni private. Pertanto, nel caso in cui il giudice, nel provvedimento di convalida del decreto emesso in via di urgenza dal pubblico ministero, abbia illegittimamente ridotto il termine di durata indicato nel decreto, tale erronea indicazione deve ritenersi come non apposta, con la conseguenza che le intercettazioni effettuate per tutto il periodo determinato nel decreto del pubblico ministero sono pienamente utilizzabili. (Fattispecie in cui il P.M., vertendosi in tema di indagini attinenti a delitti di criminalitā organizzata, aveva in via di urgenza emesso il decreto che disponeva le intercettazioni fissando la durata massima di quaranta giorni, a norma dell'art. 13 D.L. 13 maggio 1991, n. 152, mentre il Gip, nel convalidare tale decreto, aveva rideterminato in quindici giorni la durata delle operazioni).

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