Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 489 del 3 maggio 1995

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della legittimità del provvedimento che dispone la perquisizione domiciliare, è necessaria la enunciazione, almeno sommaria e provvisoria, dell'ipotesi accusatoria, non limitata, di regola, alla mera indicazione degli articoli di legge che si assumono violati, e occorre altresì l'indicazione delle cose da ricercare, ancorché non ancora individuate, ma comunque riconducibili alla suddetta ipotesi accusatoria, come pure l'indicazione essenziale delle ragioni per le quali si «ritiene» (non bastando più il semplice «sospetto», cui si riferiva l'art. 332 dell'abrogato codice di rito), che le cose summenzionate siano reperibili nel luogo in cui la perquisizione viene disposta. (La Corte di cassazione ha ritenuto che tali condizioni sono soddisfatte nel caso di un decreto di perquisizione in cui — premesso che si procede per i reati di cui agli artt. 1 e 2 L. 17 febbraio 1982 [associazioni segrete] e 416 c.p. [associazioni per delinquere] — si precisi che vi è fondato motivo di ritenere, «sulla base della documentazione acquisita agli atti», che nel luogo considerato «venga custodita documentazione concernente l'esistenza di logge coperte sotto forma di ordini o riti di diversa denominazione»).

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