Cassazione penale Sez. I sentenza n. 767 del 24 marzo 1992

(1 massima)

(massima n. 1)

Nell'evoluzione della normativa internazionale, approdata — come atto tra i più significativi — alla Convenzione europea contro il terrorismo, ratificata dall'Italia con L. 26 novembre 1985, n. 719, emerge l'intento di contemperare non tanto la nozione in sè di reato politico, quanto la sua rilevanza a fini estradizionali, con la necessità di tutelare valori umani universali che possono risultare gravemente offesi da delitti di ispirazione politica; il che si verifica o quando il delitto abbia determinato un pericolo collettivo per la vita, l'integrità fisica e la libertà delle persone ovvero quando abbia colpito o messo in pericolo persone estranee ai moventi politici che l'hanno ispirato, ovvero, ancora, quando è stato realizzato con mezzi crudeli e con perfidia. Elementi, tutti, che lo Stato italiano, nel formulare la riserva all'atto della ratifica riguardo alla convenzione dell'estradizione per reati politici, si è impegnato a considerare. Ne deriva che la nozione di reato politico a fini estradizionali trova la sua definizione nel bilanciamento tra il valore insito nel principio costituzionale del rifiuto di consentire alla persecuzione dei cittadini e dello straniero per motivi politici e quello dei valori umani primari — consacrati nella Carta costituzionale — quando l'aggressione di tali valori abbia quei caratteri di gravità individuabili alla stregua dei criteri ora ricordati.

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