Cassazione penale Sez. II sentenza n. 4860 del 29 aprile 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

Il riconoscimento di persone, fondato com'è su un procedimento intuitivo prelogico, non consente l'esplicazione di argomenti razionali a sostegno dell'esito del medesimo a norma dell'art. 214 c.p.p. che prevede unicamente il requisito della certezza; il giudice pertanto non può operare direttamente il riconoscimento in quanto, se ciò gli fosse consentito, sarebbe impedito alla Corte di cassazione l'esercizio del controllo sull'adeguatezza dei criteri adottati dal medesimo nella valutazione della prova.

(massima n. 2)

L'accertamento peritale ha la sua ragione d'essere nella necessità di apportare al giudice gli elementi indispensabili per la valutazione dell'elemento probatorio, sicché è consentito al decidente, nell'ambito del suo potere di controllo e supervisione, di pervenire ad un convincimento che, pur non trovando precisa aderenza al delimitato campo dell'indagine tecnica, trovi comunque giustificazione nella medesima e ne rappresenti il logico sviluppo. (Siffatto principio è stato affermato con riferimento a fattispecie nella quale due perizie su filmati di due diverse rapine, riprese a circuito chiuso in istituti bancari in tempi diversi, avevano concluso separatamente con un giudizio di probabilità sulla identificazione dell'imputato con uno dei rapinatori: i giudici di merito, confrontando le due perizie ed il materiale utilizzato, avevano concluso, a loro volta, per l'identità del rapinatore in entrambi i casi, traendo ulteriore elemento di prova a carico dell'imputato).

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