Cassazione penale Sez. I sentenza n. 11837 del 11 dicembre 1992

(3 massime)

(massima n. 1)

L'art. 197 c.p.p., che disciplina l'incompatibilità con l'ufficio di testimone ha natura di norma eccezionale finché il suo contenuto pone specifiche eccezioni al dovere generale di rendere testimonianza, fissato dalla legge, e reso, vieppiù, imperativo dalla previsione della sanzione penale (art. 372 c.p.) e, pertanto, la sua interpretazione deve essere strettamente legata al significato del suo contenuto letterale e non consente esclusioni che si pongano eventualmente in contrasto con tale significato. Devesi, quindi, fondatamente dedurre che il legislatore ha inteso limitare l'incompatibilità soltanto nei confronti di chi ha realmente e formalmente assunta la posizione di imputato, con estensione di qualunque diversa posizione processuale, donde l'impossibilità giuridica di estendere il disposto legislativo all'indagato e la conseguenza che la norma dell'art. 61, comma secondo, c.p.p., non è riferibile anche a tale disposizione. (Fattispecie di utilizzazione, ritenuta legittima dalla Corte, di dichiarazioni rese da minore non imputabile in diverso procedimento, nei cui confronti era stato emesso decreto di archiviazione)

(massima n. 2)

L'utilizzabilità di elementi probatori, normativamente inutilizzabili, incide unicamente sul discorso motivazionale del provvedimento e, più specificamente, sulla completezza, logicità e correttezza dello stesso, sicché essa potrà essere motivata soltanto in relazione a detto elemento essenziale del provvedimento stesso, ma non potrà, giammai, costituire sic et simpliciter ragione di nullità del medesimo. Ciò, oltre che conforme al sistema si deduce chiaramente dal testo letterale dell'art. 185, comma quarto, c.p.p., che, proprio con riferimento alle nullità involgenti le prove, esclude la regressione del procedimento al fatto in cui si era verificata la nullità.

(massima n. 3)

Secondo il testo letterale dell'art. 495 c.p.p. anche in materia di prove il giudice si pone normalmente in una situazione di terzietà e, pertanto, non dispone di alcun potere di imporre ad una delle parti del procedimento l'esibizione, ed anche la semplice indicazione di elementi di prova, dei quali quella fosse venuta eventualmente in possesso, ovvero a conoscenza. Al giudice del dibattimento, salvo casi eccezionali determinati dalla assoluta necessità, è conferito soltanto il potere di valutare l'ammissibilità delle prove proposte dalle parti.

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