Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2369 del 1 marzo 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

L'ordinanza con la quale il pretore dispone trasmettersi gli atti al pubblico ministero affinché emetta il decreto di citazione a giudizio ai sensi degli artt. 555 ss. c.p.p. costituisce mero atto d'impulso processuale, ove non determini la regressione del procedimento allo stato precedente, prevista come caso di nullità. Detto provvedimento, pertanto, non è abnorme. Nè esso viola l'art. 143 att. c.p.p. il quale stabilisce che negli atti preliminari, in tutti i casi in cui occorre rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notifica, vi provvede il presidente, in quanto siffatta norma è inapplicabile al giudizio pretorile per motivi sistematici (il capo dodicesimo delle norme di attuazione, contenente disposizioni relative al procedimento davanti al pretore, non prevede disposizioni analoghe all'art. 143 cit.) e di carattere strutturale. Ed infatti nel giudizio pretorile il decreto di citazione a giudizio ad opera del pubblico ministero è anche l'atto che informa l'imputato dei suoi diritti di scelta del rito e di difesa, sicché l'imputato stesso, a differenza del giudizio davanti al tribunale, si vedrebbe privato dei diritti indicati, non avendo avuto notizia, o tempestiva notizia, dell'inizio del processo a causa della nullità. (Fattispecie nella quale il pretore, investito della cognizione a seguito di sentenza dichiarativa di incompetenza territoriale a norma dell'art. 23 c.p.p., ha trasmesso gli atti al pubblico ministero affinché emettesse nuovo decreto di citazione a giudizio).

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