Cassazione penale Sez. II sentenza n. 2539 del 25 maggio 2000

(3 massime)

(massima n. 1)

Il dovere imposto all'autorità giudiziaria ed alla polizia giudiziaria dall'art. 63, comma 2, c.p.p., di non procedere all'esame quale testimone o persona informata sui fatti di colui che debba essere sentito fin dall'inizio in qualità di indagato o imputato, non trova applicazione nell'ipotesi in cui il soggetto sia stato avvertito di tale sua qualità e rilasci dichiarazioni spontanee, le quali, se assunte senza la presenza del difensore, rientrano nella disciplina di cui all'art. 350, comma 7, c.p.p. e dunque, pur non essendo utilizzabili ai fini del giudizio salvo quanto previsto dall'art. 503, comma 3, c.p.p., possono essere utilizzate nella fase delle indagini preliminari ed apprezzate ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti per l'applicazione di una misura cautelare, anche nei confronti di terzi. (Fattispecie relativa a dichiarazioni spontanee rilasciate alla polizia giudiziaria dal soggetto passivo di un'estorsione immediatamente dopo la contestazione del reato di favoreggiamento degli estorsori e di invito a nominare un difensore di fiducia).

(massima n. 2)

In tema di intercettazione di conversazioni o comunicazioni l'obbligo della motivazione del provvedimento del pubblico ministero che dispone l'esecuzione delle operazioni mediante impianti diversi da quelli in dotazione all'ufficio della procura della Repubblica viene correttamente assolto con il semplice riferimento all'insufficienza o idoneità di questi ultimi, non essendo esigibile anche la specifica indicazione delle ragioni di tali carenze.

(massima n. 3)

L'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche od ambientali va riferita alle sole violazioni delle condizioni richieste dagli artt. 267 e 268, commi 1 e 3, c.p.p., mentre le eventuali illegittimità formali, come quelle relative a violazione delle altre previsioni del citato art. 268 od alla mancata motivazione del decreto autorizzativo, determinano, semmai, l'invalidità del mezzo istruttorio, giacché la categoria dell'inutilizzabilità inerisce alle prove vietate per la loro intrinseca illegittimità oggettiva ovvero per effetto di una manifesta illegittimità del procedimento acquisitivo, che le ponga al di fuori del sistema processuale. Ne consegue che il vizio della motivazione del provvedimento del pubblico ministero che dispone l'esecuzione delle operazioni di intercettazione (nella specie telefoniche ed ambientali) mediante apparati diversi da quelli esistenti presso l'ufficio della procura della Repubblica rileva sotto il profilo della nullità delle intercettazioni, quale effetto del vizio del decreto autorizzativo, e non della loro inutilizzabilità, sicché la relativa denuncia soggiace ai limiti di deducibilità di cui all'art. 182 c.p.p.

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