Cassazione penale Sez. I sentenza n. 7112 del 26 marzo 1998

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai sensi dell'art. 172, comma sesto, c.p.p., deve distinguersi tra l'orario di servizio, che riguarda il personale degli uffici giudiziari, la cui durata è regolata contrattualmente e che non ha rilevanza esterna, dall'orario in cui l'ufficio è aperto al pubblico per «fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti», che è stabilito dai relativi regolamenti e dalla cui inosservanza possono derivare effetti pregiudizievoli per gli interessati. Il termine «pubblico» sta ad indicare, nell'accezione di cui alla citata norma, tutte le persone estranee all'ufficio giudiziario nel quale l'atto deve essere compiuto, ed in particolare le parti che sono le dirette interessate al compimento delle attività suindicate; e non vi è dubbio che tra le parti debba essere annoverato anche il P.M.: il vigente codice di rito ha introdotto, infatti, una netta distinzione di ruoli tra giudice e pubblico ministero, equiparando quest'ultimo alle parti in genere, cosicché il detto organo deve considerarsi estraneo all'ufficio ai fini del compimento delle predette attività e, quindi, assoggettato ai limiti di accesso previsti dalla disposizione di legge sopra indicata. Ne consegue che, ove la dichiarazione di trasmissione degli atti al tribunale del riesame venga fatta dal P.M. dopo la chiusura al pubblico dell'ufficio di cancelleria, gli effetti di tale dichiarazione decorrono dal giorno successivo, a nulla rilevando la presenza del personale in ufficio al momento della dichiarazione stessa.

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