Cassazione penale Sez. II sentenza n. 4497 del 15 aprile 1998

(4 massime)

(massima n. 1)

Dal combinato disposto degli artt. 157, 168 c.p.p. e 54 att. c.p.p., si ricava che il momento essenziale della notificazione è costituito dalla consegna al destinatario della copia dell'atto da notificare, in quanto unico mezzo che ne consente la conoscenza, e che tale attività l'ufficiale notificatore deve attestare nella relazione di notifica ai fini della prova, superabile solo con la querela di falso, che essa sia avvenuta. Ne deriva, qualora più siano i destinatari della notificazione di un atto, che non solo deve essere consegnata copia per ciascuno di essi pure nel caso in cui il luogo delle notificazioni sia uguale per tutti e queste siano eseguite mediante consegna ad una stessa persona che abbia la qualifica richiesta dalla legge, ma anche che di ciò deve essere fatta specifica menzione nella relazione, se questa sia unica per tutti. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto la nullità - per incertezza assoluta sul destinatario - della notificazione del decreto di rinvio a giudizio immediato ai due difensori dell'imputato, colleghi di studio, effettuata a mani della medesima persona incaricata della ricezione senza che, nella relata, l'ufficiale giudiziario avesse attestato di aver consegnato due copie dell'atto).

(massima n. 2)

In tema di misure cautelari personali applicate ai fini della estradizione per l'estero, nessuna preclusione deriva alla proponibilità di richieste di revoca o sostituzione delle misure dall'avvenuto esaurimento del procedimento giurisdizionale a seguito della sentenza favorevole alla estradizione; sempre che dette richieste siano fondate sulla sopravvenuta inefficacia della misura o sulla sopravvenuta insussistenza delle esigenze cautelari, dato che, dopo tale sentenza, il presupposto della prognosi della sussistenza delle condizioni per una sentenza favorevole alla estradizione, richiesto dall'art. 714, terzo comma, c.p.p., risulta ormai definito da detta decisione.

(massima n. 3)

In tema di misure cautelari previste ai fini della estradizione per l'estero, contro le ordinanze che decidono sulle richieste di revoca o di sostituzione delle misure, adottate a norma dell'art. 718 c.p.p., non è proponibile il rimedio generale dell'appello ex art. 310 c.p.p., ma, in virtù di espressa deroga ad opera dell'art. 719 c.p.p., esclusivamente il ricorso per cassazione per violazione di legge; sicché, ove sia stato proposto appello, quest'ultimo va qualificato come ricorso ex art. 568, quinto comma, c.p.p. Il ricorso è peraltro inammissibile nella ipotesi in cui, a norma della seconda parte del comma primo del predetto art. 718, della revoca o della sostituzione sia investita la stessa Corte di cassazione, esaurendosi in tal caso nella relativa decisione inoppugnabile il procedimento de libertate in questione.

(massima n. 4)

In tema di misure coercitive applicate ex art. 714 c.p.p. ai fini della estradizione per l'estero, è inapplicabile la normativa generale circa i termini di durata delle misure, di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., essendo tale materia regolata, in via di specifica, dal quarto comma del predetto art. 714, che prevede la revoca della misura coercitiva se dalla esecuzione di essa è trascorso un anno senza che la corte di appello abbia pronunciato la sentenza favorevole alla estradizione ovvero, in caso di ricorso per cassazione, sia trascorso un anno e sei mesi senza che sia stato esaurito il procedimento giurisdizionale.

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