Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2128 del 4 giugno 1999

(1 massima)

(massima n. 1)

La previsione dell'obbligo di traduzione in lingua, cui si riferisce l'art. 143 c.p.p., trova il proprio spazio in relazione allo svolgimento degli atti processuali ai quali l'indagato o imputato partecipa, e per i quali č assicurata l'assistenza dell'interprete. La necessitā di garantire la consapevole partecipazione agli atti del procedimento non č tuttavia prospettabile in relazione all'ordinanza cautelare, la quale non contiene, al proprio Ģinternoģ, dati informativi ovvero mirati avvertimenti in ordine alla esistenza, ed alle modalitā di esercizio, di diritto e facoltā dell'indagato, Ģin relazioneģ agli effetti dell'atto, cui il difetto della traduzione in lingua si porrebbe come concreto ostacolo. Ciō tanto pių nella fattispecie, laddove la misura cautelare risulta aver fatto seguito ad udienza di convalida dell'arresto, sede nella quale i motivi dell'accusa erano stati giā resi noti agli indagati che, assistiti dall'interprete, avevano avuto esatta cognizione delle ragioni e della finalitā dell'atto.

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