Cassazione penale Sez. I sentenza n. 9370 del 28 ottobre 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

In materia di intercettazioni telefoniche, l'art. 268, terzo comma, c.p.p., stabilisce che le operazioni di intercettazione telefonica possono essere eseguite, previo provvedimento motivato del pubblico ministero, mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione della polizia giudiziaria quando quelli esistenti presso le procure risultano «insufficienti o inidonei ed esistano ragioni di urgenza». Quanto alla valutazione da parte del pubblico ministero circa la inidoneità dei propri impianti all'uso designato, a nulla rileva la teorica previsione dell'obbligo di dotazione di impianti siffattamente idonei negli stessi uffici, servendo difatti la prevista facoltà derogatoria, del resto rigorosamente circoscritta dalla legge, proprio al superamento di deficienze tecniche del genere, in vista delle imperative e pressanti necessità di ordine pubblico, così come a nulla rileva la teorica possibilità - specie se emersa solo in un secondo momento - dell'eventuale raggiungimento del medesimo risultato a mezzo di opportune innovazioni tecniche: quella di cui bisogna tener conto è la situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, che le operazioni di intercettazioni vengano eseguite mediante impianti diversi da quelli esistenti presso il suo ufficio per la ritenuta inidoneità di questi ultimi e per la esistenza di eccezionali ragioni di urgenza.

(massima n. 2)

L'esclusione della punibilità, sancita nel primo capoverso dell'art. 49 c.p., per l'ipotesi della presenza del cosiddetto agente provocatore, deve necessariamente supporre la derivazione assoluta ed esclusiva dell'azione delittuosa dallo stimolo istigatore dello stesso soggetto, e non può conseguentemente ritenersi ammissibile quando trattasi di determinazione proveniente anche da attività di soggetti diversi dall'agente provocatore.

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