Cassazione penale Sez. II sentenza n. 1278 del 3 maggio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

La delega rogatoria prevista dall'art. 127, terzo comma c.p.p. (richiamato dagli artt. 309 e 310 c.p.p.), per ragioni di sicurezza e di economia processuale, al giudice di sorveglianza, quando l'interessato sia detenuto in luogo esterno al circondario, non esclude che — ove costui ne abbia fatto richiesta o il giudice del procedimento incidentale de libertate lo ritenga opportuno e necessario — questi possa o debba ordinarne la traduzione davanti a sé, alla stregua della sentenza 31 gennaio 1991, n. 45 della Corte costituzionale. Siffatta conclusione vale, a maggior ragione, quando l'inquisito sia detenuto o internato in luogo non sito fuori della circoscrizione del giudice suindicato, con il conseguente obbligo di disporre il rinvio dell'udienza se sussiste un legittimo impedimento a comparire, secondo quanto prescritto dall'art. 127, quarto comma, c.p.p. Tale norma ben può, infatti, applicarsi al procedimento che si svolge dinanzi al tribunale, ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p. La violazione del terzo e quarto comma dell'art. 127 comporta, per espressa disposizione del quinto comma del medesimo articolo, una nullità riconducibile a quelle relative all'intervento dell'imputato (art. 178, primo comma, lett. c, c.p.p.) con l'omissione della traduzione e dell'audizione, ovvero col mancato rinvio per legittimo impedimento dell'imputato.

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