Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2383 del 5 giugno 1998

(3 massime)

(massima n. 1)

Non costituisce causa di inutilizzabilità, ai fini cautelari, dei risultati di intercettazioni telefoniche, la mancata trasmissione, da parte del pubblico ministero al giudice, con la richiesta di applicazione della misura cautelare, anche dei decreti di autorizzazione previsti dall'art. 267 c.p.p., quando tali decreti, a suo tempo regolarmente emessi, siano poi stati acquisiti dallo stesso giudice (nella specie dopo l'emissione dell'ordinanza custodiale).

(massima n. 2)

Non dà luogo a inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da imputati o persone sottoposte a indagini per reati connessi o interprobatoriamente collegati, cui si riferiscono gli artt. 210 e 363 c.p.p., il fatto che costoro siano stati previamente invitati a dire la verità, qualora non avessero inteso avvalersi della facoltà di non rispondere, costituendo un tale invito una semplice irregolarità, priva di sanzione processuale.

(massima n. 3)

Quando il ricorso per cassazione sia consentito soltanto per «violazione di legge» (come nella previsione del ricorso per saltum avverso ordinanza applicativa di misura cautelare, di cui all'art. 311, comma 2, c.p.p.), detta violazione va intesa in senso stretto, e cioè come inosservanza, comportante nullità, di uno specifico precetto normativo; ragion per cui, mentre in essa può farsi rientrare il caso dell'assoluta mancanza di motivazione (previsto come causa di nullità dall'art. 125, comma 3, c.p.p.), ne rimane invece escluso quello dell'illogicità della motivazione stessa, trattandosi, in quest'ultima ipotesi, di vizio deducibile unicamente ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.

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