Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 12 del 16 giugno 1995

(4 massime)

(massima n. 1)

È manifestamente infondata, in relazione agli artt. 76 e 77 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 305 c.p.p. prospettata sul rilievo dell'eccesso di delega in relazione alla direttiva 61 comma 3 della legge 16 febbraio 1987 n. 81, poiché i principi e i criteri direttivi, proprio per la funzione cui devono adempiere, salvo rare eccezioni, pongono finalità dai confini molto ampi, tali da lasciare al legislatore delegato discrezionalità nella determinazione concreta delle modalità di perseguimento di quelle finalità e, conseguentemente, la violazione dei limiti della delega è ravvisabile solo quando il legislatore delegato si sia posto al di fuori o in contrasto con i principi ispiratori della direttiva di delega, mentre nella formulazione dell'art. 305, comma secondo, c.p.p., la soluzione adottata si presenta pienamente corrispondente alla natura e alle finalità dell'istituto regolato dalla predetta direttiva e perfettamente adeguata ai criteri che, in via generale, quella direttiva prevedeva.

(massima n. 2)

Il provvedimento con il quale il giudice accoglie o respinge la richiesta di proroga della custodia cautelare — per consentire alle parti di conoscere le ragioni che lo hanno guidato e di censurarne la legittimità dinanzi al giudice dell'impugnazione — deve essere adeguatamente motivato in riferimento alla specifica individuazione delle esigenze cautelari dotate del carattere della gravità e alla necessità di specifici adempimenti di indagine, che devono essere complessi, assolutamente necessari alla definizione del procedimento e avere diretto riferimento alla posizione processuale dell'indagato nei cui confronti la proroga è stata richiesta. (In motivazione, la S.C. ha affermato che di regola le uniche esigenze cautelari che possono venire in rilievo ai fini della proroga sono quelle di natura probatoria, ma che, data la valenza generale dell'istituto operante anche in relazione ai delitti indicati nell'art. 275, comma terzo, c.p.p., per i quali esiste la presunzione di una generalizzata gravità delle esigenze cautelari, tale gravità deve essere riferita, quanto meno per questi delitti, non solo alle esigenze di cautela probatoria, ma anche a quelle di cautela finale e sostanziale).

(massima n. 3)

La proroga della custodia cautelare nel corso delle indagini preliminari è un istituto di carattere eccezionale, come risulta dalle aggettivazioni della disposizione che la prevede, con riferimento sia alle esigenze cautelari (che devono essere gravi), sia al collegamento tra queste e la proroga (che devono essere indispensabili), sia agli accertamenti da compiere (che devono essere particolarmente complessi). Ne consegue che l'interpretazione di detta disposizione non può che essere quella più rigorosa consentita dal suo tenore letterale, ben individuabile nella necessità di ricercare un giusto contemperamento tra le opposte esigenze del diritto alla libertà dell'imputato, oltre i termini prefissati di durata massima della custodia cautelare e della tutela della collettività, in presenza di concrete peculiarità dell'indagine processuale. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che, stante il collegamento logico-sintattico tra gravità delle esigenze cautelari, necessità dello svolgimento dell'accertamento e indispensabilità del protrarsi della custodia cautelare, la sussistenza di gravi esigenze cautelari costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente per la concessione della proroga, perché questa deve essere funzionalmente connessa all'ulteriore esigenza del compimento di accertamenti caratterizzati dalla particolare complessità e può, quindi trovare la sua giustificazione solo quando le esigenze cautelari «gravi» rendano, quanto meno, opportuno che tali accertamenti si svolgano in costanza dello stato custodiale dell'indagato).

(massima n. 4)

Nel formulare la richiesta di proroga della custodia cautelare, il pubblico ministero ha un dovere di allegazione riguardante non soltanto le ragioni per le quali si rende indispensabile, ai fini della decisione sulla posizione processuale dell'indagato per il quale viene richiesta la proroga, l'accertamento da eseguire, bensì anche quelle dimostrative della complessità dell'accertamento e della circostanza che lo stesso non si sia potuto espletare durante il decorso del periodo normale di custodia cautelare. (In motivazione, la S.C. ha ritenuto che non sussiste un principio generalizzato e inderogabile di segretezza delle indagini che impedirebbe al P.M. di rendere palese tutta l'attività d'indagine già svolta e da svolgere, ben potendo essere disposta la discovery quando ciò sia necessario per la prosecuzione delle indagini, e quindi anche allorché si renda necessario richiedere la proroga della custodia cautelare. E sulla base di tale argomentazione è stata ritenuta manifestamente infondata, in relazione agli artt. 97 e 112 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 305 c.p.p. prospettata sulla base dell'erroneo presupposto dell'inderogabilità del principio di segretezza delle indagini).

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