Cassazione penale Sez. I ordinanza n. 2076 del 23 agosto 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di impugnazioni dell'imputato detenuto, qualora l'atto sia trasmesso per mezzo del servizio postale, il requisito dell'autenticazione della sottoscrizione, prescritto a pena di inammissibilità dagli artt. 583 e 591 c.p.p. e riguardante necessariamente tutte le parti in cui eventualmente si articoli l'impugnazione (dichiarazione e motivi), non può ritenersi soddisfatto allorché i motivi siano presentati in busta chiusa, non potendosi in tal caso parlare correttamente di atto ricevuto dal direttore dell'istituto ai sensi dell'art. 123 c.p.p., in quanto l'Amministrazione penitenziaria, che è tenuta a inoltrare il plico come lo riceve, può garantire la provenienza da un determinato soggetto del plico medesimo, ma non certamente il suo contenuto.

(massima n. 2)

Poiché, in materia di sostanze stupefacenti, è la detenzione in sè di tali sostanze a costituire reato, indipendentemente dalla finalità di spaccio, con la sola eccezione costituita dalla destinazione ad uso personale (nel quale caso il fatto si degrada a illecito amministrativo), ne deriva che, una volta che risulti esclusa la detta destinazione, tanto basta ad impedire che si dia luogo alla revoca della sentenza di condanna per abolitio criminis, ai sensi dell'art. 673 c.p.p., non essendovi, per quanto sopra detto, necessità di estendere l'indagine alla verifica della destinazione delle sostanze stesse allo spaccio.

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