Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4327 del 7 aprile 1999

(1 massima)

(massima n. 1)

Nei casi in cui nel giudizio penale sia prescritto che la parte (nella specie: parte civile) stia in giudizio col ministero di difensore munito di procura speciale, il mandato, in virtù del generale principio di conservazione degli atti, deve considerarsi valido — sia con riguardo al conferimento della procura a impugnare al difensore sia all'oggetto dello specifico gravame (art. 576 c.p.p.) — anche quando la volontà del mandante non sia trasfusa in rigorose formule sacramentali, ovvero sia espressa in forma incompleta, potendo il tenore dei termini usati nella redazione della procura speciale e la sua collocazione escludere ogni incertezza in ordine all'effettiva portata della volontà della parte; e ciò, anche se la certificazione dell'autografia sia effettuata da difensore in un atto diverso da quelli indicati nel secondo comma dell'art. 100 c.p.p. (Il principio è stato espresso in una fattispecie in cui l'imputato aveva eccepito l'inammissibilità del ricorso della parte civile sotto il duplice profilo che il difensore era privo dello specifico mandato prescritto per la proposizione del ricorso per cassazione e che, comunque, la procura era priva dei requisiti indicati dall'art. 122 c.p.p. in una situazione in cui a margine del ricorso per cassazione era apposta la seguente dizione: «Nella mia qualità di parte civile costituita nomino quale mio difensore perché mi rappresenti ed assista nel presente giudizio di impugnazione avanti la Suprema Corte di cassazione avverso la sentenza . . . nel procedimento penale R.G. . . . a carico di . . . l'avv. . . .»).

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