Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1412 del 12 aprile 1995

(3 massime)

(massima n. 1)

Allorché sia stata riconosciuta, in sede di cognizione, la continuazione fra un reato, ritenuto più grave, punito con pena detentiva, e altro reato, meno grave, punito con pena pecuniaria, applicandosi, conseguentemente, un aumento della pena detentiva inflitta per il reato più grave, la successiva revoca, in sede esecutiva, ai sensi dell'art. 673 c.p.p., della condanna in ordine a detto ultimo reato, per intervenuta abolitio criminis, con eliminazione della relativa pena, comporta che la residua pena detentiva a suo tempo determinata a titolo di continuazione non può più trovare esecuzione, ostandovi il principio di legalità, ma deve essere sostituita con la pena pecuniaria prevista dalla legge per il reato superstite, alle cui determinazioni in misura ritenuta congrua dovrà provvedere lo stesso giudice dell'esecuzione.

(massima n. 2)

Avverso il provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria sull'istanza di rilascio di copie degli atti processuali non è ammissibile l'incidente di esecuzione. Trattandosi di provvedimento di carattere puramente amministrativo sottratto a qualunque impugnazione il ricorso a tale rimedio costituirebbe espediente per renderlo surrettiziamente ricorribile attraverso il meccanismo dell'art. 666 comma sesto c.p.p. ed in tal modo verrebbe posto nel nulla il principio di tassatività delle impugnazioni sancito dall'art. 568 comma primo c.p.p.

(massima n. 3)

Il provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria sull'istanza di rilascio di copie degli atti processuali è inoppugnabile: la possibilità di impugnazione non è infatti prevista né dall'art. 116 c.p.p. che disciplina specificatamente la materia né da altre disposizioni; d'altro canto la stessa non è desumibile dall'art. 111 Cost. non avendo il provvedimento natura giurisdizionale e non rientrando nelle categorie contemplate da tale norma.

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