Cassazione penale Sez. II sentenza n. 3438 del 27 giugno 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

In conformità al disposto dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., il difetto di motivazione valutabile in cassazione può consistere solo in una mancanza (o in una manifesta illogicità) della motivazione stessa, ma esclusivamente se il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato; il che significa che deve mancare del tutto la presa in considerazione del punto sottoposto all'analisi del giudice e che non può costituire vizio che comporti controlli di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di legittimità quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo, invece, la Corte accertare se quest'ultimo abbia dato adeguatamente conto, attraverso l'iter argomentativo seguito, delle ragioni che l'hanno indotto ad emettere il provvedimento.

(massima n. 2)

Nel vigente ordinamento processuale alla persona offesa è riconosciuta la capacità di testimoniare; la sua deposizione, in astratto immune da sospetto perché portatrice di interessi in posizione di antagonismo con quelli dell'imputato, se ritenuta dal giudice attendibile, a tal fine facendo ricorso all'utilizzazione ed all'analisi di qualsiasi elemento di riscontro o di controllo ricavabile dal processo, deve ritenersi attendibile ed il convincimento trattone, se sostenuto da congrua e logica motivazione, non può soffrire censure di legittimità.

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