Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1489 del 11 maggio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

La mancata, specifica indicazione, nell'ordinanza applicativa di custodia cautelare, della identità dei soggetti dai quali provengano dichiarazioni accusatorie assunte come indizi di colpevolezza, in quanto giustificata da plausibili ragioni di cautela processuale, non può costituire causa alcuna di nullità, posto che l'art. 292, secondo comma, lettera c), c.p.p., nel prevedere l'obbligo dell'indicazione, nella suddetta ordinanza, «degli elementi di fatto da cui (gli indizi) sono desunti e dei motivi della loro rilevanza», non fa alcun riferimento anche alle fonti da cui i detti elementi sono ricavati e, d'altra parte, dal combinato disposto degli artt. 294, quarto comma e 65, primo comma, c.p.p., risulta anche la possibilità di omettere, in sede di interrogatorio, la comunicazione all'interrogato delle fonti degli elementi di prova a suo carico, quando da tale comunicazione possa derivare pregiudizio per le indagini.

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