Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 7992 del 2 marzo 2005

(1 massima)

(massima n. 1)

In materia di abuso d'ufficio determinato dalla violazione dell'obbligo di astensione, l'espressione «omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti», contenuta nell'articolo 323 del c.p., deve essere letta nel senso che la norma ricollega l'obbligo di astensione a due ipotesi distinte e alternative: quella dell'obbligo di carattere generale, derivante dall'esistenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, e quella della verificazione dei singoli casi in cui l'obbligo sia prescritto da altre disposizioni di legge che vengono richiamate in via generale. Tale richiamo — esteso, secondo lo schema della norma penale in bianco, anche alle norme speciali di futura emanazione — delinea un sistema in cui l'ipotesi di carattere generale e quelle particolari risultano armonizzate grazie a un effetto parzialmente abrogante che esclude ogni possibile contrasto. Ciò nel senso che, in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, la «facoltà» di astensione eventualmente prevista da una norma speciale viene abrogata e sostituita dall'«obbligo» di astensione derivante dalla presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto. (Fattispecie con riferimento all'articolo 52 del c.p.p., che prevede la facoltà di astensione del pubblico ministero quando esistono gravi ragioni di convenienza, giacché, in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, detta facoltà di astensione, ai fini che interessano, è abrogata e sostituita dall'obbligo di astensione).

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