Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1752 del 11 giugno 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti non afferma la penale responsabilità dell'imputato. Pertanto, essa non è idonea a dar luogo all'incompatibilità - introdotta con sentenza additiva della Corte costituzionale 2 novembre 1996, n. 371, che ha modificato in tal senso l'art. 34 c.p.p. - del giudice che tale sentenza abbia pronunciato o concorso a pronunciare nei confronti di concorrenti nel reato, nel separato giudizio a carico di altro coimputato. A maggior ragione deve essere affermata l'inidoneità di tale sentenza ai fini anzidetti se la condotta ascritta a quest'ultimo coimputato, nell'ambito dello stesso capo di imputazione, sia diversa da quella addebitata ai coimputati che hanno patteggiato la pena nel separato giudizio. (Fattispecie in tema di corruzione)

(massima n. 2)

Può verificarsi l'ipotesi di incompatibilità del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti concorrenti nello stesso reato in giudizio separato - introdotta a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale del 2 novembre 1996, n. 371, modificativa dell'art. 34, comma 2, c.p.p. - nel caso in cui nel precedente giudizio siano state valutate prove (anche, eventualmente, con riferimento alla attendibilità di persone), solo se tale valutazione sia stata effettuata con specifico riferimento anche alla posizione del concorrente estraneo in quel procedimento, dimodoché si sia affermato, con riguardo sia ai profili oggettivi sia soggettivi della sua condotta, esplicitamente o implicitamente, che quelle medesime prove erano idonee a far ritenere la responsabilità anche di tale concorrente estraneo. Tale situazione non può, comunque, verificarsi se la valutazione delle prove non sia stata fatta nell'ambito dei fatti descritti nel medesimo capo di imputazione. (Nella fattispecie oggetto del giudizio, i giudici di merito avevano espresso una valutazione sul comportamento tenuto dall'extraneus giudicando su un episodio di corruzione di cui costui non doveva rispondere, anche se era stato accusato di un diverso episodio di corruzione nel procedimento a suo carico in cui era stata proposta l'istanza di ricusazione).

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