Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4787 del 3 febbraio 1994

(5 massime)

(massima n. 1)

A norma dell'art. 305, secondo comma, c.p.p., il provvedimento con il quale sono prorogati i termini di durata della custodia cautelare può essere ritualmente emesso dal giudice per le indagini preliminari dopo aver sentito le parti. Ciò presuppone che alle medesime sia dato avviso, con congruo termine e senza l'osservanza necessaria di quello di dieci giorni previsto dall'art. 127 c.p.p., attesa la specialità della procedura di cui all'art. 305 citato. Ne consegue che la mancata comunicazione della data dell'udienza camerale fissata per la decisione di proroga dei termini, ovvero la totale incertezza sulla data di svolgimento della medesima sono causa di nullità assoluta ai sensi dell'art. 179 c.p.p., con la conseguenza che, qualora sia maturato frattanto il termine massimo originario di custodia cautelare, va dichiarata l'estinzione di quest'ultima.

(massima n. 2)

Ai sensi dell'art. 125, terzo comma, c.p.p. ogni provvedimento del giudice deve essere motivato a pena di nullità, e la mancanza di motivazione è vizio rilevabile in cassazione a norma dell'art. 606, lettera e) stesso codice. Tale vizio sussiste non solo quando la motivazione è materialmente assente nel provvedimento impugnato, ma anche allorché la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti. (Nella specie si è ritenuto che non rispondesse a questa minima esigenza motivazionale il provvedimento che, a fronte di puntuali censure avanzate dalla difesa dell'indagato che chiedeva il riesame di ordinanza applicativa di misura cautelare, si era limitato a indicare genericamente le fonti di prova a carico, senza nulla controdedurre - sia pure succintamente, ma in maniera esaustiva - alle argomentazioni difensive e senza chiarire alcunché in ordine all'affermata valenza indiziante degli elementi di prova sia in relazione alla soggettiva posizione dell'indagato, sia in rapporto a ciascuno dei diversi reati addebitatigli).

(massima n. 3)

Allorquando un provvedimento giurisdizionale deve, per espressa disposizione legislativa, essere notificato alle parti, l'omessa notifica produce il solo effetto di non far decorrere i termini previsti per l'eventuale impugnazione della parte nei cui confronti risulti omessa la notificazione.

(massima n. 4)

L'istituto della riunione dei giudizi è applicabile anche dinanzi alla Corte di cassazione, non facendo la legge alcuna distinzione, in ordine ai casi di connessione, tra giudizi di merito e giudizi di legittimità. (Fattispecie relativa a procedimenti incidentali concernenti la medesima persona indagata per lo stesso reato in un unico procedimento, nella quale la Suprema Corte ha ritenuto sussistesse la medesima ratio legis delle ipotesi di connessione previste dall'art. 12 c.p.p. - rilevanti ai sensi della lett. a), dell'art. 17, stesso codice - sotto il profilo delle esigenze di semplificazione procedurale ed economia processuale, nonché di rapida definizione dei procedimenti, onde ha applicato per analogia il predetto art. 12).

(massima n. 5)

L'omesso avviso alle parti della data dell'udienza camerale fissata dinanzi al tribunale costituito a norma dell'art. 310 c.p.p. è causa di nullità, che ha carattere assoluto allorché dall'omissione derivi l'impossibilità, per il difensore, di partecipare all'udienza medesima. (In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che il vizio in questione sussiste anche se l'indagato o l'imputato sia assistito da altro difensore, ribadendo il principio che, allorquando l'avviso sia dato ad uno solo dei difensori, la nullità è a regime intermedio e, in quanto tale, può essere fatta valere nei termini e alle condizioni di cui agli artt. 180 e 182 c.p.p.).

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