Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2729 del 22 dicembre 1994

(5 massime)

(massima n. 1)

Il legislatore ha tenuto ben distinto il regime della competenza per connessione dal regime della competenza per materia. Ciò anche quando la connessione incida su quest'ultimo tipo di competenza per essere i procedimenti connessi attribuiti alla cognizione di giudici diversi ratione materiae. Invero, mentre il primo comma dell'art. 21 c.p.p. prescrive la rilevabilità, anche di ufficio, della incompetenza per materia in ogni stato e grado del processo, il terzo comma dello stesso articolo, assimilando il regime della incompetenza per connessione (anche quando comporti una diversa attribuzione di competenza per materia) al regime della competenza per territorio, stabilisce che essa può essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti. E, proprio utilizzando le regole che conducono a differenziare la competenza per materia dalla competenza per connessione, quest'ultima - soprattutto in un regime dal quale è stato cancellato il sistema della pregiudizialità omogenea disciplinata dall'art. 18 c.p.p. 1930 - pur accomunata nell'identica ratio del rispetto del principio del giudice naturale precostituito per legge, resta ancora la risultante dell'introduzione di un criterio attributivo della competenza dettato da prevalenti ragioni di economia processuale.

(massima n. 2)

In tema di concussione, i connotati della condotta di induzione sfuggono alla possibilità di una rigorosa delimitazione in chiave descrittiva attraverso predeterminate regole semantiche, potendo esse enuclearsi tanto a mezzo di simboli quanto a mezzo di segnali, entrambi idonei a creare quel timore nel soggetto passivo in grado di indurlo all'atto di disposizione.

(massima n. 3)

In tema di concussione, il metus publicae potestatis rappresenta una condizione soggettiva che, dal punto di vista della vittima, coincide in entrambe le forme di concussione con una sorta di vis compulsiva da cui discende che pure nei casi in cui l'iniziativa di un accordo provenga dal privato non per ciò solo debba escludersi la concussione purché si ravvisi nella richiesta del privato una volontà comunque viziata dal timore di un danno derivante da qualsiasi contegno (commissivo od omissivo) del pubblico ufficiale che, esprimendo abuso della qualità o dei poteri, costituisca il presupposto per il determinarsi di una volizione (che si traduce nella dazione o nella promessa).

(massima n. 4)

In tema di concussione, la condotta di «induzione» resta designata come contegno di per sé idoneo ad incutere timore nella sfera del soggetto passivo, mentre, il suo profilo soggettivo rimane incentrato — come condizione necessaria e sufficiente — nella mera rappresentazione del metus, quando l'agente, consapevole della sua posizione di supremazia, agisca a costo di determinare quella situazione di soggezione che ponga il soggetto di fronte all'alternativa di aderire alla richiesta ovvero di subire una conseguenza per lui sfavorevole.

(massima n. 5)

Pure se il danno non costituisce condizione perché il reato di cui all'art. 317 c.p. venga consumato, è certo che solo quando dall'abuso discenda un pericolo di pregiudizio per il privato è ipotizzabile il delitto di concussione, perché se il privato effettui la dazione o la promessa allo scopo di trarre vantaggio dall'abuso del pubblico ufficiale, viene meno quella situazione di timore, quel vizio della sua volontà, che sola esclude l'instaurazione di un rapporto paritetico, così da farne un vero e proprio correo nella corruzione.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.