Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2125 del 25 giugno 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Il mancato adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato non è ostativo alla concessione della riabilitazione quando derivi dall'impossibilità di prestare le dette obbligazioni, ossia quando il condannato dimostri di non essere in condizioni di effettuarne l'adempimento — nel senso che, pur non essendo indigente, non dispone di mezzi economico-patrimoniali sufficienti al riguardo — o quando le parti offese rinunciano al risarcimento o siano irreperibili. La dichiarazione di fallimento del debitore e la successiva sua ammissione al concordato fallimentare, poi omologato ed eseguito, costituiscono prova dello stato di insolvenza dello stesso e della di lui impossibilità di adempiere in maniera integrale anche le obbligazioni civili nascenti dal reato.

(massima n. 2)

In virtù del principio tempus regit actum l'accertamento della competenza per materia è ancorato alle disposizioni di carattere sostanziale, attinenti al trattamento sanzionatorio, vigenti nel momento in cui l'atto deve compiersi o deve verificarsi la legittimità di quello in precedenza compiuto, essendo - per contro - svincolato da ogni riferimento alle diverse norme che fossero in vigore all'epoca della commissione del reato. Invero, trattandosi di norme processuali non sono applicabili le previsioni di cui all'art. 2 c.p., circoscritte alla normativa di carattere sostanziale, bensì, appunto, il principio suddetto che impone l'applicazione delle regole di competenza con riferimento al tempo in cui una determinata attività di giurisdizione deve essere esercitata, indipendentemente dal tempo della commissione dei reati per cui si procede. (Fattispecie in cui il ricorrente lamentava che il tribunale, in sede di riesame di un provvedimento di sequestro preventivo per il reato di cui al secondo comma dell'art. 12 quinquies, D.L. n. 306 del 1992, convertito in L. n. 356 del 1992, adottato dal Gip presso il tribunale nonostante all'epoca detto reato fosse di competenza pretorile, non aveva rilevato l'incompetenza per materia di detto giudice; la Cassazione ha respinto il ricorso sulla scorta del principio di cui in massima e sul rilievo che nel momento in cui il tribunale aveva pronunciato la sua ordinanza il reato era divenuto di competenza del tribunale a seguito dell'elevazione dell'entità del massimo edittale della pena per esso prevista ad opera del D.L. n. 14 del 1993).

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