Cassazione civile Sez. I sentenza n. 8087 del 17 agosto 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

L'azione di disconoscimento della paternità verte in materia di diritti indisponibili, in relazione ai quali non è ammesso alcun tipo di negoziazione o di rinunzia. Nel consegue la inammissibilità, nel relativo giudizio, dell'interrogatorio formale della moglie, diretto a dimostrare unicamente l'insussistenza del rapporto di paternità biologica, per l'impossibilità di attribuire valore confessorio alle eventuali dichiarazioni della moglie stessa. Tale impossibilità, sancita in via generale dall'art. 2733, secondo comma, c.c. — il quale esclude che la confessione giudiziale faccia prova contro colui che l'ha resa se verta su fatti relativi a diritti non disponibili — è riaffermata in relazione all'azione di disconoscimento della paternità dal secondo comma dell'art. 235 c.c., ai sensi del quale la dichiarazione della madre non vale ad escludere la paternità.

(massima n. 2)

La scelta del legislatore ordinario di consentire il disconoscimento della paternità soltanto alle condizioni poste dagli artt. 235 e 244 c.c. non suscita dubbi di legittimità costituzionale ed anzi costituisce espressione del potere demandatogli dall'art. 30, quarto comma, della Costituzione — in base al quale la legge detta le norme e i limiti perla ricerca della paternità — di privilegiare, nel rispetto degli altri valori di rango costituzionale, la paternità legale rispetto a quella biologica, nonché di fissare le condizioni e le modalità per far valere quest'ultima, in presenza dello status di figlio legittimo attribuito dall'art. 231 c.c. al figlio concepito durante il matrimonio.

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