Cassazione civile Sez. I sentenza n. 3250 del 11 maggio 1983

(1 massima)

(massima n. 1)

La presunzione assoluta di concepimento, a norma dell'art. 232 c.c., del figlio che sia nato dopo centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è diretta ad impedire nei confronti di chi sia nato entro tali limiti ogni possibilità di contestazione circa lo status di figlio legittimo spettantegli, ma non esclude la possibilità di provare che il figlio sia stato concepito prima della celebrazione del matrimonio e che non sia frutto dell'unione della madre con chi è poi divenuto suo marito. In questa ipotesi l'azione di disconoscimento di paternità è ammissibile sulla base della dimostrazione da parte dell'attore di una qualunque delle quattro condizioni preliminari previste dall'art. 235 c.c. dovendosi intendere le parole «coniugi», «marito», «moglie», «adulterio» usate nella citata norma in modo estensivo, come se al momento del concepimento il matrimonio fosse già avvenuto e ciò allo scopo di evitare una interpretazione della disposizione sicuramente in contrasto con le norme costituzionali in quanto finirebbe per limitare il disconoscimento di paternità del figlio legittimo nato dopo centottanta giorni del matrimonio, ma concepito sicuramente prima della sua celebrazione, alla sola ipotesi in cui la madre abbia tenuto celato al marito la propria gestazione e la nascita del figlio.

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