Cassazione civile Sez. I sentenza n. 4766 del 28 febbraio 2007

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di azione revocatoria fallimentare, la prova della disponibilità da parte del fallito di un consistente patrimonio azionario ed immobiliare non è sufficiente ad escludere la sussistenza dello stato d'insolvenza, né la conoscenza dello stesso da parte del terzo contraente: l'esistenza di un cospicuo attivo, ancorchè in ipotesi sufficiente ad assicurare l'integrale soddisfacimento dei creditori, non esclude infatti di per sè la sussistenza dello stato di insolvenza, consistendo quest'ultimo in una situazione di impotenza economica che si realizza allorquando l'imprenditore non è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, in quanto sono venute meno le necessarie condizioni di liquidità e di credito; lo stato d'insolvenza del fallito costituisce d'altronde un requisito oggettivo della domanda soltanto dal punto di vista logico, in quanto dal punto di vista giuridico esso rimane assorbito nel requisito soggettivo della conoscenza dei relativi segni esteriori, la cui mancanza o insufficienza rileva non come prova della mancanza dello stato d'insolvenza (che potrebbe anche non sussistere), ma come prova della mancanza della relativa conoscenza.

(massima n. 2)

In tema di concordato fallimentare con assunzione, qualora la relativa proposta contempli la cessione delle azioni revocatorie, la chiusura del fallimento, conseguente al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, non determina l'improcedibilità delle predette azioni, verificandosi una successione a titolo particolare dell'assuntore nel diritto controverso; in tal caso, tuttavia, non è consentita la prosecuzione del processo tra le parti originarie, ai sensi dell'art. 111, primo comma, c.p.c., in quanto la chiusura della procedura, comportando il venir meno della legittimazione processuale del curatore, impone di far luogo all'interruzione del processo. Peraltro, nel caso in cui il trasferimento sia subordinato alla completa esecuzione del concordato, producendosi l'effetto traslativo soltanto a seguito del decreto con cui il giudice delegato, ai sensi dell'art. 136 della legge fall., procede al relativo accertamento, è a tale provvedimento che dev'essere ricollegata la perdita della legittimazione processuale del curatore, restando fino ad allora vincolate tutte le attività all'interesse dei creditori, e permanendo in carica gli organi del fallimento ai fini della sorveglianza sull'adempimento del concordato. In ogni caso, perché abbia luogo l'interruzione, è necessario che l'evento sia dichiarato dal procuratore costituito o risulti negli altri modi previsti dall'art. 300 c.p.c., proseguendo altrimenti il processo legittimamente nei confronti del curatore.

(massima n. 3)

In tema di pegno di titoli azionari, ai sensi dell'art. 2001 c.c., la disciplina speciale dettata dall'art. 3 R.D. 29 marzo 1942, n. 239 prevale su quella prevista in via generale dall'art. 2786 c.c., con la conseguenza che per la costituzione del vincolo e per la sua opponibilità ai terzi non è sufficiente lo spossessamento del titolo accompagnato da una scrittura avente data certa, ma è necessaria la doppia annotazione sul titolo e nel libro dei soci, ovvero la consegna del titolo accompagnata dalla girata in garanzia, senza che assuma alcun rilievo, a tal fine, la distinzione tra il terzo portatore del titolo ed altri terzi.

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