Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 22755 del 28 ottobre 2009

(3 massime)

(massima n. 1)

L'azione prevista dall'art. 184 c.c. per l'annullamento degli atti compiuti dal coniuge in comunione legale senza il necessario consenso dell'altro coniuge, in quanto avente ad oggetto l'invalidazione dell'atto di acquisto del terzo per un vizio del titolo del suo dante causa, č soggetta, per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, alla disciplina generale dettata dall'art. 1445 c.c. per l'azione di annullamento dei contratti: pertanto, salvi gli effetti della trascrizione della domanda, il sopravvenuto accertamento dell'inclusione del bene nella comunione legale non č opponibile al terzo acquirente di buona fede.

(massima n. 2)

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la dichiarazione resa nell'atto dall'altro coniuge non acquirente, ai sensi dell'art. 179, secondo comma, c.c., in ordine alla natura personale del bene, si atteggia diversamente a seconda che tale natura dipenda dall'acquisto dello stesso con il prezzo del trasferimento di beni personali del coniuge acquirente o dalla destinazione del bene all'uso personale o all'esercizio della professione di quest'ultimo, assumendo nel primo caso natura ricognitiva e portata confessoria di presupposti di fatto giā esistenti, ed esprimendo nel secondo la mera condivisione dell'intento del coniuge acquirente. Ne consegue che l'azione di accertamento negativo della natura personale del bene acquistato postula nel primo caso la revoca della confessione stragiudiziale, nei limiti in cui la stessa č ammessa dall'art. 2732 c.c., e nel secondo la verifica dell'effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sinceritā dell'intento manifestato.

(massima n. 3)

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all'atto dell'altro coniuge non acquirente, prevista dall'art. 179, secondo comma, c.c., si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l'esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l'effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall'art. 179, primo comma, lett. c), d) ed f), c.c., con la conseguenza che l'eventuale inesistenza di tali presupposti puō essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi.

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