Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 11881 del 6 agosto 2003

(2 massime)

(massima n. 1)

La qualificazione giuridica del fatto esula dall'ambito della confessione, la quale può avere ad oggetto solo circostanze obiettive e non già opinioni o giudizi. (Nella specie la sentenza impugnata, contrariamente alle dichiarazioni rese dalla parte, aveva qualificato il rapporto controverso come collaborazione della lavoratrice nell'ambito dell'impresa familiare anziché alla stregua di lavoro subordinato).

(massima n. 2)

Il tema di impresa familiare, non è applicabile la disciplina di cui all'art. 230 bis c.c., con riferimento all'attività lavorativa svolta nell'impresa commerciale gestita da una società in nome collettivo di cui sia compartecipe il congiunto (o l'affine ) del lavoratore, poiché il concetto di lavoro familiare, applicabile alle sole imprese individuali, è estraneo alle imprese collettive in genere e sociali in particolare, non essendo configurabile nell'ambito della medesima compagine la coesistenza di due rapporti, uno fondato sul contratto di società e l'altro, fra il socio e i suoi familiari, derivante dal vincolo familiare o di affinità.

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