Cassazione civile Sez. I sentenza n. 5375 del 11 aprile 2001

(1 massima)

(massima n. 1)

Il principio secondo il quale la concorrenza sleale deve ritenersi fattispecie tipicamente riconducibile ai soggetti del mercato in concorrenza, non configurabile, pertanto, ove manchi tale presupposto soggettivo (il cosiddetto «rapporto di concorrenzialità»), non esclude la legittima predicabilità dell'illecito concorrenziale anche quando l'atto lesivo del diritto del concorrente venga compiuto da un soggetto (cosiddetto terzo interposto) il quale, pur non possedendo egli stesso i necessari requisiti soggettivi (non essendo, cioè, concorrente del danneggiato), agisca tuttavia per conto di (o comunque in collegamento con) un concorrente del danneggiato stesso, essendo egli stesso legittimato a porre in essere atti che ne cagionino vantaggi economici. In tal caso, pertanto, il terzo va legittimamente ritenuto responsabile, in solido, con l'imprenditore che si sia giovato della sua condotta, mentre, mancando del tutto siffatto collegamento tra il terzo autore del comportamento lesivo del principio della correttezza professionale e l'imprenditore concorrente del danneggiato, il terzo stesso è chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 2043 c.c., e non anche del successivo art. 2598, con tutte le conseguenti differenze in tema di prova dell'elemento psicologico dell'illecito de quo. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la Suprema Corte ha, peraltro, confermato, nella specie, la sentenza del giudice di merito, che aveva ritenuto la sussistenza dell'ipotesi concorrenziale tipica ex art. 2598 n. 3 c.c. nel comportamento della Camera di commercio di Gorizia - che aveva arbitrariamente ampliato i confini della cosiddetta «zona franca» consentendo, in tal modo, ai produttori di birra residenti di estendere la loro attività fiscalmente agevolata al più ampio territorio provinciale in danno dei concorrenti di diversa residenza, chiamati ad affrontare un maggior costo d'impresa - poiché in nessuna delle due fasi di merito era stata sollevata la questione della mancanza di collegamento tra la predetta Camera di commercio e gli imprenditori avvantaggiati, e le relative doglianze, rappresentate per la prima volta in sede di giudizio di legittimità, erano da considerarsi inammissibili in rito, pur se fondate in fatto).

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