Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 3888 del 1 aprile 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Il servizio mensa — il quale (sia nel regime anteriore all'entrata in vigore dell'art. 6 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito in L. 8 agosto 1992, n. 359, che in quello da tale norma espresso, che assume, pertanto, il valore di disposizione «confermativa», senza porsi in contrasto con gli artt. 3, 24, 36, 39, 101, 102 e 104 Cost.) ancorché obbligatoriamente apprestato dal datore di lavoro, in adempimento di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, non ha natura di retribuzione in natura, difettando del requisito della corrispettività, in quanto la sua fruizione non è causalmente correlata al solo fatto della prestazione lavorativa, ma presuppone un ulteriore atto volontario del lavoratore — può nondimeno assumere siffatta natura allorché le clausole di previsione stabiliscano altresì l'erogazione di una indennità sostitutiva (rispetto alla quale si configura una obbligazione facoltativa del datore di lavoro, con scelta della prestazione rimessa al creditore) a quanti non fruiscano del servizio stesso, ma tale assunzione non può che avvenire nei limiti risultanti dalle dette clausole e perciò con riguardo al solo valore convenzionale dell'indennità e non anche al valore reale, con la conseguenza che, ai fini del computo del relativo emolumento in istituti retributivi indiretti o differiti, deve farsi riferimento esclusivamente al detto valore convenzionale, venendo in rilievo, per la differenza rispetto al valore reale, la natura «ontologicamente» non retributiva del servizio e, quindi, la non computabilità a tali fini.

(massima n. 2)

Le maggiorazioni retributive e le indennità erogate in corrispettivo di prestazioni di lavoro notturno, non occasionali, ma continuative ed organizzate secondo regolari turni periodici, costituiscono parte integrante della ordinaria retribuzione globale di fatto giornaliera e, come tali concorrono alla composizione della base di computo non solo dell'indennità di anzianità o del trattamento di fine rapporto - ai sensi della nozione omnicomprensiva di retribuzione, recepita dagli artt. 2120 e 2121 c.c., sia nel testo anteriore che in quello successivo all'entrata in vigore della L. 29 maggio 1982, n. 297 - ma anche di quegli istituti retributivi per la cui liquidazione la legge (come, l'art. 5 della L. 27 maggio 1949, n. 260, per il compenso del lavoro prestato durante le festività) o la contrattazione collettiva (come, con riguardo alla gratifica natalizia, l'art. 17 dell'Accordo interconfederale 27 ottobre 1946, per i dipendenti da imprese industriali private, reso efficace erga omnes con D.P.R. n. 1070 del 1960 ed efficace anche oltre la sua scadenza, fino alla sostituzione, o alla deroga in melius, con altro contratto collettivo) facciano riferimento a siffatta nozione di retribuzione globale di fatto.

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