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Suicidio assistito in casa, Gloria è il secondo caso in Italia: perché è un accadimento realmente rilevante?

Sanità - -
Suicidio assistito in casa, Gloria è il secondo caso in Italia: perché è un accadimento realmente rilevante?
Gloria è la prima donna a scegliere il suicidio assistito, autosomministrandosi il farmaco letale. Vediamo perché è un caso legalmente rilevante e cosa dice la legge in merito
Gloria (nome di fantasia), malata oncologica veneta di circa 78 anni, il 12 luglio aveva annunciato che le sue condizioni stavano peggiorando e che stava attendendo il farmaco per poter morire. Il 24 luglio la signora è morta nella sua abitazione alle 10.25. È la prima donna in Italia ad aver scelto di porre fine alla propria esistenza tramite la morte volontaria medicalmente assistita, divenuta legale - attenendosi a specifiche regole - dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019, inerente il caso Cappato-Antoniani.
Prima di lei solo Federico Carboni ci era riuscito nel 2022. Inoltre, Gloria è anche la prima in Italia ad avere ottenuto direttamente dall’azienda sanitaria locale il farmaco e il macchinario per la sua auto-somministrazione.

"La vita è bella, ma solo se siamo liberi. E io lo sono stata fino alla fine. Grazie", è stato il suo ultimo messaggio lasciato all'"Associazione per la libertà di ricerca scientifica Luca Coscioni".
Gloria ha esalato l’ultimo respiro nella sua casa, tra l’affetto dei suoi familiari, dopo aver assunto autonomamente il farmaco letale. Ad occuparsi dell’intera procedura di suicidio assistito è stato il dottor Mario Riccio, il quale ha supervisionato il tutto. Riccio è consigliere Generale dell'Associazione Luca Coscioni, nonché medico anestetista che nel 2006 sedò Piergiorgio Welby. Il dottor Riccio non è nuovo a queste procedure così delicate, infatti è stato lui a seguire fino agli ultimi istanti di vita anche di Federico Carboni, primo italiano ad aver chiesto e ottenuto nel 2022 l’accesso al suicidio medicalmente assistito.
Sulla vicenda di Federico Carboni, la regione Marche tentò in più di un’occasione di ostacolare la libera scelta dell'uomo, tanto che il tribunale di Ancona fu costretto ad intervenire accusando la regione di aver tentato di attuare "un'abrogazione tacita" della sentenza n. 242 della Corte Costituzionale. Al contrario, nel caso di Gloria, invece, l’amministrazione guidata dal leghista Luca Zaia ha agito con grande correttezza, rispetto dei diritti individuali e della legge.
Prima di Gloria anche il veneto Stefano Gheller di 50 anni, affetto da distrofia muscolare, ha ottenuto il parere favorevole dall'Ulss e dal comitato etico per accedere alle pratiche del fine vita, quando lui lo riterrà opportuno in futuro. Tuttavia, Gloria è stata la prima veneta che poi si è sottoposta effettivamente alla pratica del suicidio assistito.

Suicidio assistito o eutanasia? Cosa dice la legge?

Innanzitutto occorre fare una distinzione tra eutanasia e suicidio assistito, i quali non sono sinonimi come molti pensano.
Con eutanasia si indica l'atto di un terzo (un medico) di procurare, intenzionalmente e nell’interesse della persona che ne faccia esplicita richiesta, la sua morte.
Con il suicidio assistito, invece, la morte avviene attraverso l'assunzione "autonoma" da parte del paziente terminale del farmaco letale. Si dice assistito perché una équipe medica prepara il farmaco o la struttura meccanica che aiuterà il paziente ad assumere il medicinale ma, in ogni caso, l'ultimo gesto, anche soltanto spingere un tasto, deve essere autonomo.
In Italia praticare l’eutanasia costituisce un reato, pertanto è punibile ai sensi dell’articolo 579 c.p. (omicidio del consenziente) e dell’articolo 580 c.p. (Istigazione o aiuto al suicidio). Al contrario il suicidio assistito, inteso come assistenza di terzi nel porre fine alla vita di una persona malata, è legittimato. La sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sostiene che l’aiuto al suicidio è possibile legalmente quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e, appunto, è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Queste sono le condizioni poste dalla Corte Costituzionale, le quali devono essere scrupolosamente verificate dal Sistema sanitario nazionale.

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