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Successione, il diritto alla quota di legittima non esiste: nuova sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

Successione, il diritto alla quota di legittima non esiste: nuova sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
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In Italia, la legge prevede che una parte del tuo patrimonio, chiamata legittima, debba essere riservata ai tuoi familiari più stretti, anche se tu non lo desideri. Questi familiari sono i cosiddetti legittimari e includono il coniuge, i figli e, in assenza di questi ultimi, gli ascendenti (cioè i genitori) o i fratelli e sorelle.

L'idea alla base della legittima è quella di tutelare i diritti dei familiari più stretti, garantendo loro una parte del tuo patrimonio anche se non hai lasciato un testamento.
Si presume, infatti, che queste persone abbiano avuto un ruolo importante nella tua vita e che siano quindi in qualche modo "creditori" di una parte dei tuoi beni.

A quanto ammonta la legittima?
Se il coniuge concorre con i figli, l’eredità si devolve:
  • nell’ipotesi di un solo figlio: per metà al coniuge e per metà all’unico figlio;
  • nell’ipotesi di due o più figli: per un terzo al coniuge e per due terzi ai figli (fra loro in parti uguali).

In assenza di figli, il coniuge concorre con gli altri eredi legittimi nei seguenti termini: il coniuge ha diritto ai due terzi dell’eredità e gli ascendenti, o i fratelli e sorelle, hanno diritto alla restante parte dell’eredità; in ogni caso, gli ascendenti hanno diritto a un quarto dell’eredità.

In questo breve articolo, prendendo spunto da una recentissima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU, sentenza del 15 febbraio 2024), vogliamo però ricordare che non basta essere il coniuge, il figlio o il genitore di un cittadino italiano per beneficiare, sempre e comunque, alla sua morte, delle regole successorie previste dal nostro ordinamento, e quindi della famosa quota di legittima.

Ci sono dei casi in cui ordinamenti stranieri potrebbero entrare in campo a disciplinare la successione di un cittadino italiano.

Il caso tipico è quello del cittadino italiano defunto, che ha residenza stabile in un paese diverso dall’Italia. In un caso come questo la successione potrebbe essere disciplinata dal regolamento Ue 650/2012 del 4 luglio 2012, ovvero dalla legge successoria transnazionale.

Il regolamento Ue 650/2012 stabilisce che la legge successoria applicabile è in generale quella del luogo di residenza abituale del defunto al momento del decesso, e questo luogo potrebbe essere un Paese il cui ordinamento consente di devolvere liberamente il proprio patrimonio per causa di morte. Una persona può, tuttavia, optare espressamente per l’applicazione della legge dello Stato di cui possiede la cittadinanza, al momento della scelta o al momento della morte.

La residenza abituale, sulla base del diritto comunitario, è costituita dal luogo in cui l’interessato ha fissato, con voluto carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi, e al fine della sua determinazione si deve tenere conto di tutti gli elementi di fatto che contribuiscono alla sua costituzione.

Dunque se un cittadino italiano vuole evitare, per qualche suo motivo, di lasciare la legittima ai suoi familiari più stretti, può trasferire la sua residenza abituale in un paese che non prevede la legittima. In questo caso sarà libero di disporre del suo intero patrimonio.

E l’erede, che vede allontanare per sempre i beni mobili o immobili che pensava sarebbero stati suoi, non può invocare, a tutela dei suoi diritti successori, la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e, nello specifico, l’articolo 8 che disciplina il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, come abbiamo anticipato, si è espressa con la sentenza del 15 febbraio 2024 e ha ribadito che "pur riconoscendo il posto assegnato alla quota di riserva di un’eredità nell’ordinamento interno della maggior parte degli Stati contraenti, non esiste un diritto generale e incondizionato dei figli a ereditare una parte dei beni dei genitori".

La CEDU sostanzialmente conferma quanto già detto nel 1979 con sentenza analoga: il diritto alla quota di legittima non è un diritto internazionalmente tutelato.


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