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Articolo 1427 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Errore, violenza, e dolo

Dispositivo dell'art. 1427 Codice Civile

Il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere l'annullamento del contratto [1441 ss.] secondo le disposizioni seguenti.

Ratio Legis

La tutela del soggetto si giustifica con il fatto che la sua volontà non si è formata correttamente ma in modo viziato.

Brocardi

Actio de dolo
Deceptor
Deceptus
Errantis consensus nullus est
Errantis nulla voluntas est
Error litigatorum non habet consensum
Nihil consensui tam contrarium est quam vis atque metus
Vi factum id videtur esse, qua de re quis cum prohibetur fecit

Spiegazione dell'art. 1427 Codice Civile

Nozione e sistemazione dei vizi della volontà

In questa sezione viene regolata l'altra classica causa di annullabilità del contratto, i vizi della volizione, impropriamente denominati vizi del consenso.

La volontà è viziata quando è accompagnata da determinati fatti, valutati negativamente dal legislatore, in assenza dei quali essa non si sarebbe determinata o si sarebbe determinata a condizioni diverse; nel caso di vizi della volontà non si ha pertanto una mancanza attuale della volontà, ma una mancanza ipotetica o, se si vuole, una divergenza tra la volontà attuale e la volontà ipotetica. Questo concetto si trova già in un noto passo delle fonti romane: «Si metu coactus adii hereditatem, puto me heredem effici, quia quamvis si liberum esset noluissem, tamen coactus volui» (Paolo, fr. 21 § 5, D. 4, 2; .cfr. anche fr. 22 D. 23, 2), che passò nel famoso brocardo: coacta voluntas tamen voluntas est.

Nella individuazione dei singoli vizi della volontà il codice segue l'elencazione tradizionale, distinguendo tre vizi l'errore, il dolo, la violenza. Questa elencazione è difettosa ed incompleta. Difettosa, perché la violenza ed il dolo non possono essere collocati sullo stesso piano dell'errore; mentre l'errore è un fatto psicologico del soggetto della volontà — cioè un vizio della medesima — il dolo e la violenza sono fatti mate-riali di soggetti diversi, i quali causano un particolare stato psicologico del soggetto della volizione e precisamente, trattandosi di dolo, l'errore del contraente, e, trattandosi di violenza, il timore del contraente. Pertanto in una sistemazione più rigorosa si deve parlare di errore spontaneo, di errore provocato da dolo e di timore causato da violenza. La elencazione è inoltre incompleta, perché alle ipotesi ivi previste sono da aggiungersi per l'attuale ordinamento positivo le ipotesi del timore causato dallo stato di pericolo (art. 1447 cod. civ.), del timore causato dallo stato di bisogno (art. 1448 cod. civ.) e delle anormali condizioni mentali del contraente che viziano la volontà senza escluderla (art. 1425, 1°comma, cod. civ.; v. retro).

L’errore. Nozione e specie: errore ostativo ed errore vizio. Errore di diritto ed errore di fatto.

Errore in genere è una falsa rappresentazione o una ignoranza della realtà. Se questa falsa conoscenza incide sul processo formativo della volontà del risultato che le parti intendono raggiungere con la conclusione del contratto (intento), per modo che il soggetto ha voluto, ma non avrebbe voluto se non fosse incorso in errore, si ha la figura dell'errore-vizio o errore-motivo, il quale non altera la corrispondenza tra volontà e dichiarazione. Se invece la falsa rappresentazione opera quando la volontà del risultato che le parti intendono raggiungere con la conclusione del contratto si è già formata e senza alcun vizio, producendo una divergenza tra la volontà del contenuto materiale della dichiarazione e la volontà del significato oggettivo della dichiarazione, allora si ha la figura dell'errore sulla dichiarazione, detto anche, dalla dottrina del codice abrogato, errore ostacolo od errore ostativo (della formazione del contratto).

Poiché di regola l’intento non diverge dalla volontà del significato oggettivo della dichiarazione e quest'ultima volontà dalla dichiarazione, l'errore sulla dichiarazione importa nella quasi totalità dei casi una divergenza tra volizione e dichiarazione; pero può anche darsi che, combinandosi l'errore ostativo, ad esempio, con la riserva mentale, non consegua alcuna divergenza tra volizione e dichiarazione.

Data la sostanziale differenza tra errore vizio ed errore ostativo, il quale ultimo è tutt'altra cosa che un vizio della volontà, non si comprende perché il nuovo legislatore, invece di trattare in una sezione a sè stante dell'errore ostativo, non solo abbia disciplinato questa figura nella sezione dei vizi del consenso, ma, come vedremo più avanti, abbia addirittura nell'art. 1429, dedicato all'errore vizio, trattato promiscuamente dell'una e dell'altra specie di errore. Questa inesatta sistematica non può essere giustificata dal fatto che il nuovo legislatore, innovando profondamente rispetto al codice abrogato, ha attribuito all'errore ostativo la stessa rilevanza dell'errore-vizio, e cioè la semplice annullabilità anziché la nullità del contratto, giacché la identità della considerazione normativa non elimina la diversità delle fattispecie a cui tale considerazione si riferisce.

Un'altra distinzione in tema di errore è quella tra errore di diritto, consistente in una falsa rappresentazione di una norma giuridica ed errore di latto, consistente in una falsa rappresentazione di una realtà diversa (v. infra, pag. 715 e segg.).

Errore sugli elementi costitutivi del contratto ed errore nel motivo

Tenendo presente l'oggetto su cui cade l'errore, vien fatto di distinguere tra errore sugli elementi costitutivi del contratto o sull'oggetto, in senso ampio, del contratto ed errore su elementi estranei al contenuto del contratto. L'errore sugli elementi costitutivi del contratto viene poi distinto dalla dottrina, in relazione al più specifico oggetto dell'errore, nelle sottospecie dell'errore sull'oggetto in senso stretto del contratto, che può essere errore sull'identità fisica dell'oggetto o errore sulle qualità dell'oggetto (sulla qualità in senso specifico o sulla quantità), ed errore sul soggetto, che può essere errore sull'identità del soggetto o sulle qualità del soggetto. L'errore su elementi estranei al contenuto del contratto comprende essenzialmente le due figure del cosidetto errore sul motivo o, per meglio dire, errore nel motivo e dell'errore nei presupposti condizionali.

L'errore nel motivo si presenta come una specie autonoma di errore vizio, per quanto a prima vista possa sembrare, e l'equivoco è frequente in dottrina, che ogni errore vizio si risolva in un errore nel motivo. Se Tizio incaricato dall'amico Caio di comprargli un anello d'oro gli compra un anello indorato, credendolo d'oro, Tizio non è caduto in un errore nel motivo, ma in un errore sull'oggetto del contratto, né questo errore diventa un errore nel motivo per il fatto che se Tizio avesse saputo che l'anello non era d'oro, non l'avrebbe comprato; il motivo che ha spinto Tizio a comprare l'anello è il desiderio di rendere un servigio all'amico e questo motivo, se effettivamente l'incarico gli fu dato, non è erroneo; l'errore sulla qualità dell'oggetto è solo una causa che ha impedito il formarsi di un'ulteriore rappresentazione, la quale, neutralizzando il motivo, avrebbe impedito la conclusione del contratto. Se invece Tizio compra un anello d'oro nell'erronea cre­denza che un amico gli abbia conferito quest'incarico, allora si ha un vero errore nel motivo.

Diverso dall'errore nel motivo, pur rientrando insieme ad esso nella figura dell'errore su elementi estranei al contenuto del contratto, sembra essere l'errore nella presupposizione condizionale. La figura dell'errore nella presupposizione condizionale, il quale impedisce che sorga un ostacolo alla formazione della volontà come l'errore sul contenuto del contratto, ma da questo divergerebbe per il suo diverso oggetto, ricorre ad esempio, per non ricordare che alcune ipotesi classiche, nel caso di colui che acquista un immobile ignorando che è in corso di emanazione un decreto di requisizione dello stesso, di colui che acquista una farmacia credendo che la polizia abbia già concesso o concederà l’apertura al nuovo titolare.

Considerando la posizione del contraente che non è in errore si prospetta la distinzione fondamentale tra errore non provocato dai raggiri dell’altro contraente o dai raggiri di un terzo, ma conosciuti o conoscibili dall’altro contraente (più brevemente errore spontaneo) ed errore provocato da detti raggiri. Quest’ultimo tipo di errore costituisce quella fattispecie che viene tradizionalmente denominata dolo in senso ampio e di cui diremo più avanti, in relazione alla trattazione distinta che ne fa il legislatore. Nel campo dell'errore spontaneo, considerando l'influenza dell'errore sulla determinazione volitiva del contraente, si può distinguere, parallelamente a quanto si fa nel campo dell'errore provocato, ove però la distinzione assume un maggiore rilievo, tra errore causale o determinante, che è quell'errore nell'assenza del quale il soggetto non avrebbe in alcun modo contrattato, ed errore incidentale, che è quell'errore nell'assenza del quale il soggetto avrebbe concluso ugualmente il contratto, ma a contenuto o modalità diverse (art. 1432 cod. civ.).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1427 Codice Civile

Cass. civ. n. 35133/2022

Il principio di generale emendabilità della dichiarazione si riferisce all'ipotesi ordinaria nella quale la stessa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, nelle parti in cui abbia carattere negoziale lo stesso non opera, salvo che il contribuente dimostri il carattere essenziale ed obiettivamente riconoscibile dell'errore in cui sia incorso, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c.; pertanto, nel caso di credito d'imposta concesso al datore di lavoro per anticipi dell'imposizione sul TFR (art. 3, commi 211 - 213, della l. n. 662 del 1996), l'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ovvero l'omessa compilazione dei relativi quadri non consente di beneficiare della compensazione per l'anno in cui la dichiarazione si riferisce.

Cass. civ. n. 27323/2022

L'azione di annullamento delle pattuizioni di contenuto economico contenute negli accordi di separazione consensuale omologata può essere esercitata, integrando un vizio della volontà, nel caso di violenza morale, che si verifica qualora uno dei coniugi subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del negozio, di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso l'accordo, a differenza del caso in cui la determinazione della parte sia stata provocata da timori meramente interni, ovvero da personali valutazioni di convenienza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nell'escludere la configurabilità della violenza morale, non aveva adeguatamente valorizzato l'esistenza di minacce da parte dell'ex coniuge, seppur giudizialmente accertate in sede penale, né la loro efficacia a coartare la volontà della ricorrente).

Cass. civ. n. 12058/2022

In materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. ove la determinazione della parte sia stata determinata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte.

Cass. civ. n. 11605/2022

Il dolo omissivo, pur potendo viziare la volontà, è causa di annullamento, ai sensi dell'art. 1439 c.c., solo quando l'inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito, determinando l'errore del "deceptus". Pertanto, il semplice silenzio, anche in ordine a situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l'altro contraente, non costituiscono di per sé causa invalidante del contratto. (In applicazione di tale principio la S.C., con riferimento ad un contratto di compravendita immobiliare, ha escluso che il silenzio serbato dal venditore, nella fase delle trattative, sull'esistenza di irregolarità urbanistiche potesse configurare un'ipotesi di dolo omissivo, ritenendo che il promissario acquirente avesse avuto la concreta possibilità di rendersi conto dei possibili abusi edilizi e, dunque, di poter verificare la conformità dello stato di fatto a quello di diritto).

Cass. civ. n. 6046/2020

In tema di accertamento standardizzato, la dichiarazione del contribuente di volersi adeguare allo studio di settore, avendo natura di atto negoziale, incidente sulla determinazione dell'imponibile e sull'entità del tributo da versare, è sottratta al principio dell'emendabilità degli errori della dichiarazione e soggiace alla disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 c.c. ss., applicabile ex art. 1324 c.c., in quanto compatibile, agli atti unilaterali "inter vivos" a contenuto patrimoniale.

Cass. civ. n. 31078/2019

La rilevanza dell'errore, come causa di annullamento del negozio, è caratterizzata dal duplice profilo della sua essenzialità e della riconoscibilità, intesa, quest'ultima, come capacità di rilevazione di esso da parte di una persona di media diligenza, in relazione sia alle circostanze del contratto che alle qualità dei contraenti. A tale riconoscibilità è legittimamente assimilabile, "quoad effectum", la concreta ed effettiva conoscenza dell'errore da parte dell'altro contraente, attesa la "ratio" della norma di cui all'art. 1431 c.c., volta a tutelare il solo affidamento incolpevole del destinatario della dichiarazione negoziale viziata nel processo formativo della sottostante determinazione volitiva, e la relativa valutazione del giudice di merito si risolve in un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente e correttamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 26382/2019

In tema di disciplina fiscale del consolidato nazionale, poiché la scelta del trasferimento dell'eccedenza degli interessi passivi indeducibili al consolidato nazionale è espressione della volontà negoziale, come tale irretrattabile, il contribuente può sempre far valere in giudizio l'errore ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c., purché ne provi l'essenzialità e l'obiettiva riconoscibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che la mancata indicazione nel modello Unico "SC" da parte di una società, quale consolidata, degli interessi passivi – altrimenti indeducibili – da trasferire al consolidato nazionale e mondiale e la corrispondente indicazione, quale consolidante, di tali interessi nel modello "CNM", può costituire errore la cui rilevanza ed emendabilità deve essere valutata dal giudice di merito alla stregua dell'art. 1428 c.c.).

Cass. civ. n. 5734/2019

Il dolo, quale vizio del consenso e causa di annullamento del contratto, assume rilevanza quando incida sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà all'esito della quale il contraente si sia determinato a stipulare; ne consegue che l'effetto invalidante dell'errore frutto di dolo è subordinato alla circostanza, della cui prova è onerata la parte che lo deduce, che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza od in costanza di questa falsa rappresentazione. Compete al giudice del merito accertare, sulla base delle risultanze probatorie, se la fattispecie concreta integri un'ipotesi di dolo determinante e tale valutazione è sindacabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione, nei limiti previsti dall'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

Cass. civ. n. 29010/2018

L'errore sulla valutazione economica del bene oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento, in quanto non incide sull'identità o qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo e al rischio che il contraente si assume, nell'ambito dell'autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull'utilità economica dell'affare.

Cass. civ. n. 13034/2018

Il dolo che vizia la volontà e causa l'annullamento del contratto implica necessariamente la conoscenza da parte dell'agente delle false rappresentazioni che si producono nella vittima e il convincimento che sia possibile determinare con artifici, menzogne e raggiri la volontà altrui, inducendola specificamente in inganno. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha condiviso la sentenza impugnata nella parte in cui aveva affermato che le menzogne attribuite alla venditrice, con riferimento alle caratteristiche tecniche dei terminali forniti, potevano avere al più esercitato influenza soltanto sulle modalità della fornitura, senza incidere sulla validità del contratto, e perciò potevano essere, semmai, causa di risarcimento dell'eventuale danno patito).

Cass. civ. n. 12453/2018

Nel caso in cui le parti di un contratto per sua natura commutativo, nell'esplicazione della loro autonomia privata, esplicitamente o implicitamente abbiano convenuto l'unilaterale o reciproca assunzione di un prefigurato rischio futuro, estraneo al tipo negoziale prescelto, e tale da modificarlo e renderlo, per tale aspetto, aleatorio, non può escludersi l'annullabilità del contratto per errore, da ritenersi astrattamente ravvisabile ogni qual volta il processo formativo della volontà risulti viziato da una falsa rappresentazione della realtà circa i presupposti del contratto in relazione agli elementi in base ai quali ha luogo la valutazione del rischio contrattuale, la cui inesatta percezione può essere ritenuta determinante ai fini della formazione del consenso, restando esclusa, invece, l'annullabilità del negozio, nell'ipotesi in cui l'errore ricada sull'alea, cioè sulla probabilità di verificazione dell'evento destinato ad incidere sull'equilibrio contrattuale, atteso che, nel primo caso, l'errore si ripercuote sulla causa del negozio o sul suo contenuto, mentre nel secondo caso non dà luogo ad una inesatta percezione della realtà, ma ad un difetto di previsione incidente, al più, sui motivi del negozio.

Cass. civ. n. 8745/2011

Qualora il contenuto del contratto, come appare stipulato, non corrisponda alla comune, reale volontà delle parti, sia che l'erronea formulazione o trascrizione debba ascriversi alle parti medesime o ad un terzo da loro incaricato ed ancorché tale discordanza non emerga a prima vista, ma debba costituire oggetto di accertamento, la situazione non integra alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo e, di conseguenza, non trova applicazione la normativa dell'annullamento del contratto per tale vizio. Nella suddetta ipotesi, sulla lettera del contratto deve prevalere la reale, comune volontà dei contraenti, desumibile dal giudice di merito sulla scorta delle trattative e di tutto il materiale probatorio acquisito.

Cass. civ. n. 16663/2008

La differenza ontologica esistente tra la figura dell'errore, in cui la falsa rappresentazione della realtà che inficia il processo di formazione della volontà è endogena alla volontà stessa, e quella del dolo, in cui essa è esogena, in quanto riconducibile alla condotta dell'altro contraente, non impedisce la coeva deduzione di entrambi i vizi a sostegno della domanda di annullamento del contratto, ma impone l'adozione di distinte modalità nella disamina delle emergenze probatorie acquisite, nel senso che, mentre nel caso dell'errore l'accertamento dev'essere condotto con riferimento alla condotta della parte che ne è vittima, verificando se il vizio abbia inciso sul processo formativo della sua volontà, dando origine ad una falsa rappresentazione che l'ha indotta a concludere il contratto, nel caso del dolo occorre accertare la condotta tenuta dal deceptor e le conseguenze da essa prodotte sul deceptus verificando se la condotta commissiva od omissiva del primo abbia procurato la falsa rappresentazione della realtà che ha determinato il secondo alla contrattazione, inducendo nel processo formativo della sua volontà un errore avente carattere essenziale, ferma restando la possibilità per il deceptor di provare che la controparte era a conoscenza dei fatti addebitati alla sua condotta maliziosa o che avrebbe potuto conoscerli usando la normale diligenza.

Cass. civ. n. 22900/2005

La domanda di annullamento di un contratto fondata sulla contestuale allegazione dei vizi di errore, dolo e violenza si rende inammissibile, stante l'inconciliabilità dei rispettivi elementi costitutivi, perché la falsa rappresentazione della realtà che ha indotto la parte alla conclusione e del contratto nell'errore è endogena, mentre nel caso di dolo è esogena. Nel caso, poi, di violenza psichica, non sussiste alcuna falsa rappresentazione della realtà del dichiarante, il quale invece la percepisce correttamente nella sua effettività a lui sfavorevole, e tuttavia l'accetta sotto la pressione della minaccia; quindi l'elemento costitutivo di questo vizio della volontà esclude quello degli altri due.

Cass. civ. n. 17902/2004

Stante la natura negoziale dell'accordo che dà sostanza e fondamento alla separazione consensuale tra coniugi, e non essendo ravvisabile, nell'atto di omologazione, una funzione sostituiva o integrativa della volontà delle parti, ma rappresentando la procedura ed il decreto di omologazione condizioni di efficacia del sottostante accordo tra i coniugi (salvo che per quanto riguarda i patti relativi all'affidamento ed al mantenimento dei figli minorenni, sui quali il giudice è dotato di un potere d'intervento piú penetrante), deve ritenersi ammissibile l'azione di annullamento della separazione consensuale omologata per vizi della volontà, la cui esperibilità — non limitata alla materia contrattuale, ma estensibile ai negozi relativi a rapporti giuridici non patrimoniali, genus cui appartengono quelli di diritto familiare — presidia la validità del consenso come effetto del libero incontro della volontà delle parti.

Cass. civ. n. 10815/2004

La parte che deduce di essere incorsa in un errore di fatto sulla natura di un contratto e ne chiede l'annullamento deve indicare quale altro contratto intendeva concludere, mentre per l'errore sull'oggetto deve dimostrare che l'errore cade sull'identità di esso. Essa inoltre ha l'onere di dimostrare l'essenzialità dell'errore e la sua riconoscibilità dalla controparte con l'uso dell'ordinaria diligenza.

Cass. civ. n. 5313/2003

In tema di contratti, le domande giudiziali di annullamento e di risoluzione possono essere proposte in via alternativa perché, sebbene entrambe aventi ad oggetto lo scioglimento di un vincolo giuridico, sono affidate ad azioni distinte e basate su presupposti diversi, tuttavia non possono essere considerate tra loro incompatibili in base al principio logico di non contraddizione. Ne consegue che la scelta tra l'azione di annullamento e quella di risoluzione di un contratto o anche del loro esercizio alternativo nel processo rientra nel potere discrezionale della parte.

Cass. civ. n. 2104/2003

Poiché le cause di annullamento del contratto per vizio della volontà concretano fattispecie distinte, da cui scaturiscono autonome azioni di impugnativa negoziale, si ha mutamento della causa petendi, con conseguente formulazione di una domanda nuova, preclusa in appello nel processo del lavoro, allorquando, domandato inizialmente l'annullamento di un contratto sulla base del dolo, si formuli domanda fondata sull'errore, introducendo un nuovo tema di indagine e di decisione.

Cass. civ. n. 3504/1975

Qualora la cosa venduta sia gravata da oneri o da diritti di terzi di cui il compratore non aveva conoscenza, questi può esercitare le azioni di garanzia previste specificamente per la vendita dagli artt. 1484 e 1489 c.c., ma non l'azione di annullamento per errore, prevista per il contratto in genere dall'art. 1427 c.c., ostandovi il principio di specialità.

Cass. civ. n. 1247/1973

In sede contenziosa può ottenersi l'annullamento di un contratto, adducendo a motivo l'esistenza di un vizio del provvedimento di volontaria giurisdizione che lo ha autorizzato. La controversia in ordine alla natura di detto vizio ed ai poteri del giudice del contenzioso non dà luogo ad una questione di giurisdizione.

Cass. civ. n. 84/1970

Il negozio di accertamento non è annullabile per errore di fatto quando tale errore non incida sul processo formativo della volontà espressa da una delle parti, ma sull'estensione dei rispettivi diritti derivanti dalla incerta situazione giuridica preesistente che le stesse parti vollero sottrarre, con l'accertamento convenzionale, ad ogni futura controversia.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1427 Codice Civile

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Lucia C. chiede
lunedì 03/06/2019 - Lazio
“Gent.mi,
da un anno e mezzo ho preso in locazione un locale uso commerciale che insiste su una strada ad alto transito. Oggi vorrei trasferirmi e prendere possesso del locale, ma scopro che i parcheggi che insistono davanti al locale sono condominiali e il condominio non è disponibile a riservarne alcuno per le attività commerciali. Pensavo che una delle condizioni per la destinazione d’uso commerciale di un locale fosse la presenza di parcheggi destinati. D’altra parte il piano regolatore per il commercio fa esplicito riferimento a questa condizione e al recipimento della normativa europea. Mi chiedo se la mancanza di parcheggi (perché sulla strada non ce ne sono) possa o meno essere causa di risoluzione del contratto.
Sul contratto c’è scritto locale uso commerciale. Credo che la condizione diversa dei parcheggi (uso condominiale) dovesse essere chiarita subito dal locatore al momento dell’accordo e non solo ora.
Puntualizzo che sulla strada non vi è possibilità di parcheggio e non si tratta di centro urbano o centro storico.
DOMANDA: posso chiedere la risoluzione del contratto per giusta causa?
Premetto di aver fino ad oggi regolarmente pagato l’affitto.
Vi ringrazio per l’attenzione ed attendo fiduciosa una Vs risposta.

Consulenza legale i 08/06/2019
Ai sensi dell'articolo 1372 c.c., il contratto ha forza di legge tra le parti, e non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.

Il principio appena esposto presenta il chiaro obiettivo di tutelare entrambe le parti contrattuali, vincolandole al rispetto degli accordi intrapresi. Esistono tuttavia dei rimedi che la legge ha previsto al fine di disciplinare determinate situazioni in cui il legislatore ha ritenuto opportuno sciogliere il vincolo suddetto. Oltre alle ipotesi di risoluzione (artt. 1453 e ss.), rescissione (artt. 1447 e ss.), nullità (artt. 1418 e ss.), uno degli strumenti all'uopo previsti è la domanda di annullamento del contratto.

Nella fattispecie oggetto del presente quesito, la domanda di annullamento potrebbe essere ritenuta un valido strumento.

Ai sensi dell'art. 1427, l'annullamento può essere richiesto per violenza, errore o dolo. Esclusa l'ipotesi in cui il consenso è stato estorto tramite violenza, nel caso specifico ci si potrebbe rivolgere al giudice e chiedere l'annullamento del contratto di locazione per dolo. In tale ipotesi si dovrà dimostrare che il locatore ha volontariamente e maliziosamente sottaciuto il fatto che i parcheggi siti davanti al negozio fossero in realtà destinati solamente al condominio (con testimoni, oppure mediante documentazione fotografica che dimostri il fatto che i parcheggi sembrino effettivamente utilizzabili dal conduttore del negozio e che sarebbe stato pertanto necessario un avviso in tal senso da parte del locatore).

Un altro rimedio utilizzabile nella fattispecie potrebbe essere la domanda di annullamento per errore.
Tuttavia, come recita l'art. 1428, l'errore è causa di annullamento del contratto solo quando sia essenziale e riconoscibile dall'altro contraente (in questo caso il locatore).
Data la rilevanza della questione relativa al parcheggio, l'errore potrebbe venir considerato essenziale dal giudice perché cade sull'oggetto del contratto (ex art. 1429 n. 1).
Agevole poi sarebbe dimostrare che l'errore in cui è incappato il conduttore era riconoscibile dal locatore, in quanto l'articolo 1431 richiede che esso, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alle qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo. Appare in sintesi chiaro come la situazione in esame, in cui vi sono effettivamente dei parcheggi (gli unici della zona), abbia senza indotto il conduttore a sottoscrivere il contratto, nella incolpevole certezza che vi fossero dei parcheggi a lui destinati, o che, perlomeno, non fossero tutti di esclusiva competenza del condominio.

Vale la pena precisare che entrambe le domande di annullamento possono essere inserite nel medesimo atto di citazione, in subordine l'una all'altra (in via principale per dolo, in via subordinata per errore), e, se ritenuto opportuno, anche cumulativamente ad una domanda di risarcimento danni.