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Articolo 1861 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Nozione

Dispositivo dell'art. 1861 Codice Civile

(1)Col contratto(2) di rendita perpetua una parte conferisce all'altra il diritto(3) di esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa quantità di altre cose fungibili, quale corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della cessione di un capitale(4).

La rendita perpetua può essere costituita anche quale onere dell'alienazione gratuita di un immobile o della cessione gratuita di un capitale.

Note

(1) Il contratto in esame, di scarsa diffusione, è consensuale, formale (1350 n. 10 c.c.) e non aleatorio, a differenza della rendita vitalizia (1872 c.c.).
(2) Oltre che il contratto, altre fonti possono creare una rendita perpetua: donazione (769 c.c.), promessa al pubblico (1989 c.c.), testamento (587 c.c.), onere testamentario (647 c.c.), sentenza giudiziale. In tali ipotesi si parla di rendita atipica ma solo in ordine alla fonte, ferma restando l'applicazione della disciplina in esame.
(3) Il diritto in esame è un diritto di credito personale che, quindi, non dipende dal godimento dell'immobile e non si trasferisce con il trasferimento dell'immobile.
(4) Se la rendita è il corrispettivo di una cessione d'immobile si parla di rendita fondiaria; se è il corrispettivo della cessione di un capitale si parla di rendita semplice (v. 1863 c.c.).

Ratio Legis

La figura soddisfa l'interesse di una parte di conseguire la proprietà di un immobile e quello della controparte di conseguire il diritto ad una prestazione perpetua.

Spiegazione dell'art. 1861 Codice Civile

Esegesi della norma

Questo articolo definisce il contratto di rendita perpetua, e non la rendita, e vale a confermare quanto, del resto, si ricava dai principii, essere il contratto il solo modo di costituzione della rendita.

La norma riproduce, con notevoli miglioramenti formali, il contenuto degli articoli 1778 e 1779 codice del 1865.

Da notare, tra l'altro, oltre alla sostituzione all'espressione adoperata di quella più ampia o cose fungibili, la netta distinzione e contrapposizione dell'ipotesi in cui la rendita è stipulata in corrispettivo di una alienazione o cessione a titolo oneroso, da quella in cui costituisca un modus di una alienazione o cessione gratuita.

Oltre a queste due specie di rendita perpetua il legislatore non ne prevede altre ; è però da ritenere che anche per il nuovo sistema legislativo, cosi come per l'antico, la rendita possa costituirsi quale oggetto immediato della liberalità, senza trasferimento di immobile o di capitale (c. d. rendita impropria).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

566 Nel descrivere gli estremi del contratto di rendita perpetua (articolo 657) ho posto nel dovuto risalto i due aspetti che assume l'obbligazione del debitore della rendita, a seconda che la costituzione di questa sia a titolo gratuito ovvero a titolo oneroso. E però ho semplicemente affermato che nel primo caso l'applicazione si presenta come onere della donazione, nell'altro come corrispettivo dell'alienazione dell'immobile o della cessione del capitale.
Questi dati non venivano a dedursi dall'art. 587 del progetto del 1936; ma essi servono particolarmente a escludere che nella nozione della rendita perpetua possa rientrare l'ipotesi di donazione da parte del debitore della rendita.

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Michele G. chiede
domenica 02/08/2015 - Sicilia
“uno dei miei Dante Causa nel 1944 ha ottenuto dal Comune una concessione perpetua su mq 75 di terreno comunale. Cito testualmente : Municipio di....... Ufficio Contratti - cessione in uso perpetuo di una striscia di terreno al Sig. Dante Causa. Canone annuo L. 150 annue. Per il Comune interviene il Segretario Straordinario del Comune di....
Con deliberazione n... del 1/3 1944 approvata dalla G.P.A. nella seduta del 13.11.44 Resa esecutiva dalla R. Prefettura di col n. venne concesso al Dante Causa una striscia di terreno al canone annuo di L.150. la predetta Amministrazione si riserva il diritto della retrocessione della concessione nel caso di eventuale necessita di interesse pubblico.
Il Dante Causa chiede al Comune nel 1944 di costruire una casetta ultrapopolare sul terreno oggetto della concessione perpetua. Costruzione autorizzata. Dagli accertamenti espletati dal comando dei Vigili Urbani risulta la costruzione regolare alle condizioni di cui alla apposita autorizzazione. Alla morte del Dante Causa ( anno 1960 ) la casetta viene lasciata in eredita alla figlia che continua a pagare il canone sulla concessione perpetua rivalutata a L. 37.500 annue e questo fine al 1998. Anno in cui il Comune rivaluta la concessione a lire 532.500 annue. Si chiede anche, alla figlia ( mia dante causa ), un ammontare di conguaglio dovuto per la rideterminazione del canone di concessione ai sensi dell'art 6 del D.M. 20.7.90 sul terreno dato in concessione per il venticinquennio precedente in lire 6.007.760. La figlia (mia Dante Causa ) riconosce la somma di lire 532.500 annue e chiede per il pagamento dell'arretrato dilazionato chiedendo anche di conoscere il numero e la frequenza dei ratei. Qui si interrompono i rapporti epistolari col Comune e conseguentemente il pagamento dei canoni. La mia dante causa non riceve alcuna lettera di messa in mora. Alla sua morte nel 2006 la casetta e ed il terreno circostante ai mq 75 della concessine perpetua vengono da me ereditati.
Chiedo al Comune ( lettera protocollata il 12.4.2007 ) di pagare il dovuto e di manifestare la volontà di acquisire il terreno relativo alla concessione perpetua. Non ho ottenuto mai risposta. Nel frattempo catasto la casetta. Il 15.2.2015 il Comune ( con delibera n. ... a Oggetto: rimodulazione ed aggiornamento del Piano delle Alienazioni e Valorizzazioni del Patrimonio Comunale ai sensi L.2008/133 allegato al bilancio pluriennale 2013-2015 ) inserisce i mq 75 della concessione più i terreni circostanti ( (Questi ultimi gia volturati al catasto come la casetta ( costruita sul terreno oggetto della concessione perpetua ) a mio nome avendone i miei dante causa ben quatto contratti che ne confermano la proprietà )) come unica particella valutata a euro 2.000 circa.
La domanda è: Considerato che i terreni circostanti sono di mia proprietà ( lo dimostrano i contratti e la volturazione al catasto a mio nome ) posso chiedere al Comune il prezzo stimato in euro 500 quale rapporto di mq 75 ai mq 396 dell'intera particella ?”
Consulenza legale i 06/08/2015
In primo luogo occorre sottolineare che, in generale, la Pubblica Amministrazione non può affatto rideterminare l'importo dei canoni di concessione al fine di richiedere il versamento di un "conguaglio" per gli anni precedenti all'adozione del provvedimento stesso, nel caso in cui la concessione venga precedentemente rinnovata in base ai previgenti canoni concessori.

Nel caso di specie, l'Amministrazione avrebbe provveduto nel 1998 alla rideterminazione del canone ai sensi dell'art. 6 del D.M. 20 luglio 1990, al fine di richiedere i canoni annuali addirittura relativi ai venticinque anni precedenti.
A conferma del principio di diritto espresso sopra, il dato testuale dell'art. 6 del D.M. 20 luglio 1990 stabilisce che i canoni vadano rideterminati in aumento ma con decorrenza dal 1 gennaio 1990, escludendo l'effetto retroattivo della previsione, il quale lederebbe chiaramente la posizione del concessionario (per comodità e completezza si riporta l'art. 6 del D.M. 20 luglio 1990: "1. Tutti i canoni annui, proventi, diritti erariali comunque dovuti per l'utilizzazione di beni del patrimonio disponibile, indisponibile e del demanio pubblico dello Stato, con esclusione dei beni demaniali di cui agli articoli precedenti e di cui al comma 6 dell'art. 12 del decreto-legge citato nella premessa, vanno moltiplicati, a decorrere dal 1° gennaio 1990, per 6, se derivanti da atti o contratti posti in essere in data anteriore al 1° gennaio 1982, per 4, per 3.5, per 3, per 2 e per 1.5 se derivanti da atti o contratti posti in essere rispettivamente nei periodi dal 1° gennaio al 31 dicembre 1982, dal 1° gennaio 1983 al 31 dicembre 1984, dal 1° gennaio 1985 al 31 dicembre 1986, dal 1° gennaio 1987 al 31 dicembre 1988 e dal 1° gennaio 1989 al 30 aprile 1990").

A tal proposito la Giurisprudenza ha chiarito che: "Allorché il provvedimento amministrativo incida negativamente nella sfera giuridica ed economica del destinatario, esso non può avere effetto retroattivo, in applicazione del principio di legalità, ad onta di una diversa determinazione volontaria dell'Amministrazione. Sicché, ove la deliberazione del Consiglio comunale, concernente l'aumento dei canoni di concessione (...), sia intervenuta successivamente al momento del rinnovo della concessione secondo la previgente disciplina amministrativa (con il pagamento, del parte del concessionario, del canone dovuto), l'Amministrazione non può pretendere, da parte del concessionario, il pagamento di alcuna somma a titolo di integrazione" (cfr. Cass. civ., sez. I, 8.4.2004, n. 6942).

Pertanto, dall'analisi dei fatti, ed alla luce della giurisprudenza richiamata, sembrerebbe che i canoni relativi alle annualità precedenti al 1990 non possano essere richieste al concessionario.
Per quanto riguarda le annualità comprese tra il 1990 ed il 1998 (anno in cui l'Amministrazione avrebbe emanato il provvedimento di rideterminazione), ed anche per alcuni anni successivi al 1998, potrebbe valutarsi la sopravvenienza della prescrizione del diritto di credito dell'Amministrazione al recupero dei canoni concessori, come rideterminati, poiché l'Amministrazione sembra non avere adottato alcun atto interruttivo della prescrizione per il periodo compreso tra il 1998 sino al 2015 (ben 17 anni).

In secondo luogo, per quanto riguarda la quantificazione del corrispettivo da versare al Comune per l'acquisto della particella di mq. 75, dall'analisi dei fatti prospettati, la somma pari ad euro 500,00 potrebbe essere congrua in relazione al fatto che il Comune sembrerebbe avere inserito nel provvedimento (per l'alienazione del patrimonio comunale) anche i restanti metri quadri di proprietà privata, per i quali non dovrebbe essere richiesto alcun corrispettivo. Pertanto, la congruità della cifra indicata nel parere si rileverebbe dal rapporto tra le due particelle di mq 396 e mq 75, secondo il quale, considerando la somma indicata dal Comune (euro 2.000,00) si otterrebbe una somma pari ad euro 380,00 circa per l'acquisto di mq. 75 su cui insiste la "casetta".